20.2.13

I nuovi patrioti

Nelle tradizione comunista si sono contrapposte posizioni astensionistiche a quelle del parlamentarismo rivoluzionario, ma ecco una soluzione “inedita” di due “astensionisti di ferro”, Eugenio Orso e Anatolio Anatoli:

...a chi non può fare a meno di recarsi alle urne e decide di non astenersi, partecipando oggettivamente allo Spettacolo quali che siano le sue motivazioni, il nostro consiglio è di dare il consenso soltanto a Grillo o in alternativa a Berlusconi.”(1) Questo perché “negli ultimi mesi di vita del quarto esecutivo Berlusconi è partito l'attacco finale contro l'Italia, per ridurla a territorio occupato da saccheggiare, per disintegrare il suo sistema produttivo, per trasformare gran parte della popolazione in mano d'opera a basso costo, mettendoci tutti alla completa mercé delle élite finanziarie internazionalizzate.”

Alla crescente pressione del capitale non rispondono chiedendo la mobilitazione della classe operaia, la ripresa delle lotte, l'impegno per la formazione di un partito politico che di queste lotte si faccia interprete e guida, ma lanciano un appello per la difesa della patria, per di più con una manovretta politica in cui di cerca di utilizzare nientemeno che Berlusconi. Non hanno insegnato niente le vicende di Gheddafi, che aveva puntato sul cavaliere?

“Berlusconi, contrariamente a quanto speravamo, non ha premuto troppo l'acceleratore sull'antieuropeismo, sul sentimento popolare antieuro e antitedesco, seminando adeguatamente zizzania nella ue e sollevando in modo chiaro, necessariamente antieuro e antiunionista (senza se e senza ma), il problema della sovranità degli stati e del controllo nazionale della moneta”.

Quando si parla di patria, di nazione, di sovranità degli stati e, nel caso specifico, d'Italia, si presuppone un interesse comune tra borghesia e proletariato, cosa che il marxismo ha dimostrato infondata. Se, nei paesi di capitalismo consolidato è tradimento nei confronti del proletariato schierarsi con la propria borghesia in caso di guerra, lo è altrettanto se la guerra è soltanto economica. Monti è un proconsole del capitale finanziario ed occorre cacciarlo, non c'è dubbio, ma un conto è puntare su una serie di scioperi che blocchino l'offensiva borghese, un altro contare su giochi che coinvolgono un personaggio che ha tradito tutti, oppure su un comico che non fa distinzioni di classe, e che recentemente ha entusiasmato gli industriali del Nord est.(2)

Qui si rivela la vera posizione di questi “sinistri”, che non è certo l'internazionalismo proletario, ma il ricupero della sovranità nazionale, e lo sciovinismo, che si rivela nel sentimento antitedesco.

Almeno La Grassa ha capito che il vero padrone non si trova a Berlino, ma a Washington. E' giunto a posizioni altrettanto patriottiche, ma ha il pregio della chiarezza. Ha abbandonato il riferimento al marxismo. E' più dannoso alla nostra causa chi si finge, e sopratutto chi si crede marxista pur non essendolo, di chi si schiera apertamente su altre posizioni.

La Grassa ripone le sue speranze nel ceto medio:

“ ...una parte della destra ciancia invece a favore del ceto medio. Voi direte; ma che cos’è? Come si distingue in questo confuso ammasso chi ha vera utilità e produttività e chi la “sfanga” in lavori mal definiti? Non importa, è in questo ammasso che dovranno ormai emergere, nel mondo moderno, nuovi strati sociali adatti alla conduzione di settori produttivi più avanzati e magari di carattere strategico...
Difendiamo per carità il lavoro salariato, è giusto che abbia retribuzioni da vivere civile e senza troppi patemi d’animo. Tuttavia, non si può consentire il massacro dei ceti medi per mantenere milioni di elettori di sinistra, pescati appunto tra i lavoratori dei settori meno utili o quanto meno enormemente sovradimensionati rispetto ai bisogni di un normale ed efficiente sistema produttivo nazionale.”(3)


La Grassa indica nella cosiddetta sinistra, e in particolare nella linea Napoletano, i garanti del massimo asservimento agli USA – su questo potremmo essere d'accordo. Si guarda bene dal dare indicazioni di voto, e osserva che “Sono però conscio che, quando vincerà, come credo, la “sinistra” (nel senso che c’è già un pateracchio per governare con Monti e il sedicente “centro”), inizierà la discesa agli Inferi dell’Italia. Desidero sia rapida, di modo che si verifichino tali sconvolgimenti (e impoverimenti) del ceto medio da provocare infine qualche “sana” reazione di rigetto. Non è sicuro, sia chiaro, solo sperabile.”

Abbandonato ogni riferimento al marxismo, è naturale che le sue speranze – che non sembrano molto forti – si basino sul ceto medio. Il suo impoverimento potrà portare grossi disordini, è vero, ma il ceto medio non ha la forza, e nemmeno gli strumenti per colpire in modo serio il capitalismo. Le proteste del ceto medio potranno, nel migliore dei casi, servire da detonatore, ma agiranno a vuoto se non entrerà in azione la massa dei salariati, il che avverrà solo se saranno in grado di togliersi di dosso la mortifera tutela del PD e dei suoi servi politici e sindacali.

Per lunghi periodi storici, il proletariato non è stato – e non è tuttora - in condizione di condurre una lotta radicale contro il capitalismo, e si è posto a rimorchio di posizioni piccolo borghesi o borghesi. Molti hanno cercato un sostituto alla classe dormiente, individuandolo negli studenti, nel sottoproletariato, nei ceti medi produttivi... Tempo sprecato. Nessuno di loro può fermare la grande produzione, i loro sono colpi di spillo al capitale, non minacce mortali. Inutile farsi illusioni: finché il gigante non si sarà risvegliato, le lotte potranno essere solo difensive, e le sconfitte probabili. Che serve, poi, sognare il sorgere di “nuovi strati sociali adatti alla conduzione di settori produttivi più avanzati e magari di carattere strategico.” in una situazione in cui la crisi di sovrapproduzione spinge i capitali verso le avventure finanziarie o verso l'emigrazione in paesi emergenti? Com'è possibile, in questa situazione, un nuovo nord est? L'unica industria che oggi ha la possibilità di un rapido sviluppo e di grandi conquiste tecnologiche è quella militare, con conseguenze che è facile prevedere. L'impegno militare del nostro paese crescerà sempre più. Ci portano in guerra, anche contro l'interesse della produzione italiana, come nel caso libico. Si risponde, non cercando alleanze tra forze sane che salvino il paese, tanto meno con invocazioni pacifiste, ma con una lotta antimilitarista senza riguardi. Una seria sconfitta militare potrebbe spazzare via l'intera classe dirigente italiana. Ma solo se il proletariato avrà sviluppato i suoi strumenti di lotta e di potere, l'occasione non andrà perduta.

Michele Basso

Note

1. Eugenio Orso e Anatolio Natoli "Astensionismo o sabotaggio con il voto ?" 08 -02- 2013 Comedonchisciotte
2. Grillo strega il nord-est, Il SecoloXIX, 9 febbraio 2013
3. Gianfranco La Grassa “Fuori dei denti, Conflitti e strategie, 9 -2- 2013”

fonte: Sotto le bandiere del marxismo

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