20.1.15

21/01/1921

 
Dal convegno nazionale di Imola ebbe conferma il Comitato di frazione nominato a Milano. Per me continuava dunque il lavoro organizzativo in tandem con Bordiga impegnato nella propaganda e nella direzione del periodico della frazione. La sede rimaneva a Imola.
Non erano cessate le discussioni e le diatribe nel P.S.I. anche dopo il fallimento di manovre di vari gruppi componenti il grosso del Partito stesso. Serrati non rinunciava a una ormai impossibile tendenza "verso" l'Internazionale e ai suoi acrobatismi intorno ai 21 punti di Mosca si associavano con sfumature polemiche socialisti lazzariani e riformisti. Se fra i "tiepidi" della frazione (Tasca e altri torinesi, non escluso Gramsci) c'era chi non rinunciava a sperare in una certa mollezza verso i serratiani (speranza incoraggiata dietro le quinte dagli strani emissari forse abusivi di Mosca, Rakosi per esempio) precisa ed inoppugnabile era la risposta della nostra frazione. Tra Bordiga, dopo la spontenea rinuncia all'astensionismo, e il gruppo milanese condotto da me e Repossi, la posizione era stabilita: qualunque voto uscisse dal Congresso Nazionale di Livorno, sarebbe nato il Partito Comunista d'Italia.
Livorno, teatro Goldoni, 15-21 gennaio 1921, Congresso Nazionale del Partito Socialista Italiano. E' un avvenimento drammatico per migliaia e migliaia di compagni. Giovani, meno giovani, anziani, vecchi nessuno assisteva indifferente o strafottente a uno scontro atteso, inevitabile, profondo, traumatico. Mi sentivo commosso, intimamente turbato prevedendo la conclusione, sebbene fermo e assolutamente convinto. Al P.S.I. mi ero affiliato ancora giovane seguendo mio padre. Affetti, entusiasmo, attività fervida e disinteressata, sacrifici, sofferenze. Ma ora dovevo avanzare senza rimpianti, senza incertezza. Quando la lunga dura discussione ebbe termine e la votazione delle mozioni segnò, come previsto, una consistente minoranza per la nostra frazione, e Bordiga ci invitò a lasciare il teatro Goldoni per recarci al teatro San Marco, a dar vita al Partito Comunista, io mi unii ai compagni cantando l'inno dell'Internazionale. Portavo con me gli elenchi degli aderenti che avevo raccolto nel mio palchetto del teatro Goldoni, sede delle ultime operazioni organizzative della nostra frazione.
Una topaia il teatro San Marco. Inagibile da molti anni era stao abbondanato alla polvere e alle ragnatele. Con l'aiuto dei compagni livornesi la vecchia sala si era un pò rinfrescata. In due riunioni sbrigative e brillanti si svolse il Congresso costitutivo del Partito Comunista d'Italia. Il compagno Bordiga volle che leggessi io, a nome del Comitato di frazione, il programma del Partito in dieci punti. Seguì la nomina del Comitato Centrale e del Comitato Esecutivo. Questo venne eletto nelle persone di Bordiga, Grieco, Terracini, Repossi e mia. Tornavo a casa mia, perché la sede era stabilita a Milano.
                                                                            
                                                                                    Bruno Fortichiari, Memorie

Solidarietà ai compagni del CSA Dordoni

 
Domenica scorsa a Cremona una sessantina di fascisti organizzati da Casa Pound e provenienti da diverse città, tra cui Parma e Brescia, approfittando di una partita di calcio hanno assaltato con spranghe e cinghie il centro sociale Dordoni, difeso dai pochi compagni presenti al momento, che con coraggio e determinazione sono riusciti a difendere il proprio spazio di autorganizzazione.
Nell’aggressione pianificata Emilio, un compagno del Dordoni è stato colpito alla testa e selvaggiamente pestato, anche quando già a terra, subendo trauma cranico ed emorragia cerebrale, e ancora ieri si trovava in stato di coma.
Mentre scriviamo ci risulta che le condizioni di Emilio per quanto gravi si siano stabilizzate, pur non essendo fuori pericolo: l’ematoma cerebrale non si è ulteriormente esteso e un versamento di sangue nei polmoni è stato drenato; rimane il rischio della perdita di un occhio.
Di fronte a questa brutale aggressione fascista la polizia non ha saputo che identificare gli squadristi e caricare i compagni solidali sopraggiunti che stavano rispondendo agli aggressori, mentre la stampa borghese ha presentato l’aggressione come uno scontro tra opposte tifoserie o opposti estremismi.
Come Comunisti per l’Organizzazione di Classe – COC esprimiamo tutta la nostra solidarietà al compagno Emilio, e ai compagni del Dordoni, in prima fila in tante lotte sociali dalla parte dei proletari italiani e immigrati, uniti nelle lotte degli operai della logistica come in quelle per la casa, ribaltando nella pratica quella divisione nazionalistica su cui i fascisti fanno leva per spezzare il fronte proletario.
I neofascisti mascherano con una fraseologia populista la loro vera natura antioperaia, e si candidano a replicare il ruolo già svolto storicamente dal fascismo, di stroncare con la violenza il movimento operaio, colpendo le sue avanguardie. I tempi sono diversi rispetto agli anni Venti in cui tutta la grande e media borghesia finanziò e mandò avanti i fascisti per schiacciare un movimento operaio che per mancanza di direzione rivoluzionaria aveva mancato la presa del potere. Oggi la borghesia schiaccia un movimento operaio con il Jobs Act e gli altri provvedimenti del governo Renzi, che espongono i lavoratori al ricatto permanente del licenziamento e rendono più difficile l’autorganizzazione dei lavoratori. È nell’opposizione proletaria al governo Renzi che si deve rafforzare un fronte proletario capace di schiacciare sul nascere ogni rigurgito fascista.

fonte: Combat-coc.org

6.1.15

Il fior fiore dei parassiti

Il numero di questi individui cresce continuamente, tanto da arrivare a formare un’intera classe: la classe dei rentiers. Questo strato della borghesia, benché non costituisca una classe sociale nel senso specifico della parola, ma piuttosto un gruppo con proprie caratteristiche all’interno della borghesia capitalistica, possiede tuttavia alcuni elementi peculiari che lo contraddistinguono e che derivano dalla sua “psicologia sociale”.
Lo sviluppo delle società per azioni e delle banche, l’influenza crescente della borsa, allargano questo strato sociale e nello stesso tempo lo rafforzano. La sua attività economica si esercita principalmente al livello della circolazione, soprattutto di titoli e valori, nelle transazioni di borsa.
È significativo il fatto che all’interno di questo strato sociale, che vive di ciò che questi valori rendono, esistano tuttavia diverse sfumature; il caso limite è rappresentato da quegli elementi che si trovano fuori non solo della produzione, ma anche dallo stesso processo di circolazione.
Sono anzitutto i possessori di valori a interesse fisso: titoli di Stato, obbligazioni di vario genere, ecc.; in secondo luogo quanti hanno investito la loro fortuna in beni fondiari, dai quali ricavano rendite sicure e durevoli.
                                                 
                                                N.Bukharin, “L’economia politica del rentier”, 1914

Jobs Act: la beffa di Natale

Con la chiusura del 2014, alla Camera sono stati approvati i primi due decreti attuativi del Jobs Act.
Sotto forma di regalo di Natale, un regalo certamente gradito per gli sfruttatori, ma una beffa per gli sfruttati.
Il primo provvedimento è uno schema per un decreto legislativo che non solo cancelli definitivamente il reintegro in caso di licenziamento ingiusto salvo che per licenziamento apertamente discriminatorio (notoriamente chi discrimina lo dichiara apertamente!), ma mette dei tetti molto bassi per i risarcimenti sia nei rari casi di reintegro (un massimo di 12 mensilità che diventano 6 per le aziende sotto i 16 dipendenti, a fronte di cause che possono durare anni) sia negli altri casi di licenziamento ingiusto (2 mensilità senza contributi per anno di lavoro, ma non oltre 24 mensilità) che nei casi di conciliazione (una mensilità non tassabile per anno di servizio, ma non oltre 18 mensilità).
Una netta regressione rispetto alle norme in atto, che per ora sarà applicata solo ai nuovi assunti e solo al settore privato: la tecnica del divide et impera resta la preferita, per i dipendenti dello stato e per quelli già a tempo indeterminato l’appuntamento è rimandato. Solo rimandato.
Il secondo è un decreto che modifica il sistema degli assegni di disoccupazione, col varo della Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego (NASpI) in sostituzione della “vecchia” ASpI varata con la legge Fornero.
La tanto sbandierata riforma degli ammortizzatori sociali che avrebbe dovuto garantire un’entrata a tutti i disoccupati è invece riservata solo a chi ha versato un minimo di contributi (quindi ne è escluso chi entra nel mondo del lavoro e chi è disoccupato da molto tempo), è pari al 75% dell’ultimo stipendio ricevuto se esso non supera i 1195 euro (per i primi 4 mesi, poi decresce del 3% al mese) e non può durare oltre 78 settimane. Tutto questo, ricordiamo, dopo che col varo dell’ASpI era stata già cancellata l’indennità di mobilità.
Da maggio entra in vigore in via sperimentale l’ASsegno di DIsoccupazione (ASDI), riservato a chi ha esaurito il periodo di fruizione della NASpI, con priorità per i lavoratori vicini alla pensione o con figli minorenni, ma comunque per un massimo di sei mesi e in ogni caso SE CI SONO LE COPERTURE! Ad oggi per il 2015 sono stanziati solo 300 milioni.
L’importo previsto è pari al 75% dell’ultima erogazione NASpI, quindi per uno stipendio iniziale di 1000 euro, dopo 78 settimane, si arriverebbe un’ultima NASpI di circa 490 euro, e chi nel frattempo non è morto di fame, potrebbe essere tanto “fortunato” da recepire un assegno mensile di 367 euro, sempre se ci saranno i soldi a bilancio.
Per i disoccupati ex Co.Co.Co. e Co.Co.Pro. permane un regime separato, altro che fine delle discriminazioni. Chi ha almeno tre mesi di contribuzione dall’anno solare precedente alla disoccupazione e un mese nell’anno in corso, può usufruire dell’indennità DIS-COLL, pari al 75% dell’ultima retribuzione se questa non è superiore a 1195 euro (dopo 4 mesi decresce del 3% mensile) e per non oltre la metà del periodo di contribuzione degli ultimi 4 anni, comunque per un massimo di sei mesi (contro i 18 della NASpI). Cessata la fruizione della DIS-COLL, non è previsto accesso all’ASDI.
Il premier Matteo Renzi va fiero di quest’opera, e al danno aggiunge la beffa: una delle sue solite frasi ad effetto è “Nessuno avrà più alibi per non investire in Italia”, una smargiassata che suona grottesca dopo una legge fatta su misura per i capitalisti. Per la cronaca, la maggiore precarietà non fa aumentare i clienti e non garantisce un maggiore accesso al credito. Le assunzioni si fanno se le aziende hanno bisogno di manodopera, non se questa è più economica o flessibile; è una cosa che sanno bene i lavoratori precari: per mesi o per anni si sentono ripetere che non ci sono le condizioni per stabilizzarli, ma quando trovano un altro posto di lavoro magicamente le condizioni si creano.
Questi provvedimenti legislativi sono il frutto di una debolezza della classe lavoratrice, debolezza causata innanzitutto da anni di pace sociale promossa dai sindacati concertativi e ora aumentata dalla crisi economica in atto che rende i lavoratori ulteriormente ricattabili; debolezza che consente ai politici borghesi di fare l’affondo per smantellare le conquiste ottenute con le lotte passate colpendo settori della classe sempre più ampi, per estendere ed aumentare il più possibile la precarietà e lo sfruttamento.
Per spezzare questo circolo vizioso è inutile inseguire ipotesi di nuovi partiti “più di sinistra”; serve una lotta che contrasti la tecnica del “divide et impera” e unifichi gli sfruttati.