23.10.13

Guerra, a ciascuno la sua scadenza!

 
Ipocrisie democratiche, sirene vaticane, mezze stagioni pacifiste
 
I tentennamenti e gli appelli alla democrazia borghese anglo-americani, uniti all’assenza di una univoca posizione europea sulla crisi siriana sono l’altra faccia del relativo declino occidentale sullo scacchiere del nuovo mondo pluripolare.
All’indebolimento del peso percentuale economico sul mercato mondiale corrisponde dialetticamente la fine tendenziale del primato militare e della funzione di gendarme della “nazione indispensabile”, e dei suoi storici alleati europei.
Le attuali “guerre per procura” stanno trasformandosi da “interventi umanitari” a guerre dei nervi in cui ogni potenza sonda le potenziali risposte dell’altra, nel comune predatorio interesse strategico e con l’utilizzo delle piu’ becere ideologie guerrafondaie, o di difesa del diritto internazionale borghese.
Nel prossimo nuovo-equilibrio post-1989 non ci saranno “gendarmi” né, probabilmente, egemonie economiche ed ideologiche.
Il piattume omologante del capitalismo sta unificando il mondo sotto il segno di una concorrenza sempre piu’ dura che presto muterà gli odierni scontri regionali in battaglie continentali per lo sfruttamento delle risorse idriche ed energetiche.
L’attuale caos nel quale le istituzioni della giurisdizione internazionale non riescono a mettere alcun ordine, è destinato ad amplificarsi a causa della moltiplicazione delle potenze e del protrarsi della crisi mondiale.
A pagare, come al solito, il proletariato, ovunque.
In occidente con il raschiamento di diritti e libertà, nelle officine del mondo con uno sfruttamento da “accumulazione originaria”, in medio oriente ed in Africa depredato da boia locali e dall’interessato “aiuto” dei continenti Russo e Cinese.
Contro tutto questo pochi ed inadeguati sono gli episodi di rivolta, troppo spesso rifluiti nell’opportunismo parlamentare o, peggio, utilizzati nella lotta tra frazioni di potere, o utili al rafforzamento di un qualche fondamentalismo.

Agli squilli di guerra ognuno risponde come può, chi adeguandosi, chi girando la testa da un'altra parte, chi, come in Italia, continuando ad occuparsi di “politica, magistratura e sistemi elettorali”.
Alla consueta ipocrisia democratica “contro l’uso delle armi chimiche”, da tutti prodotte, usate e commercializzate risponde la chiesa cattolica con l’evocazione miracolistica di una pace indistinta piovuta dal cielo.


Quanto al pacifismo, senza le moltitudini dei papa-boys mobilitati dal “movimentista” Woytila, e quindi numericamente ridotto ed ininfluente, procede in ordine sparso tra riproposizione di un antiamericanismo fuori dal mondo e la richiesta (a chi?) di trattative al posto delle armi.
E cosi’, a rimorchio della scadenza del congresso americano che dovrebbe legittimare l’intervento militare, abbiamo la scadenza del vaticano nella giornata mondiale di digiuno e preghiera del 7 settembre, e qualche scadenzuccia assembleare dei “nostri pacifisti trattativisti” figliocci di Assad.
Il proletariato, potenza “in sè” assente, sembra non avere scadenze, imprigionato in un mondo e in una vita di lavoro salariato, di sfruttamento, di crisi e di guerre.
Eppure il movimento reale esprime una sua maturità storica per un passaggio epocale ad un altro modo di produzione e di sistema sociale, senza però trovare ancora una soggettività di classe cosciente ed in grado di intercettare questa tendenza, per scioglierla nella rivoluzione.
Già, la rivoluzione! Questa è la scadenza del proletariato, e questo dovrebbe, e potrebbe essere il rimedio contro la guerra imperialista e la pace capitalista.

Per questo noi non siamo equidistanti.
Noi siamo contro tutti i padroni.
Quelli Italiani, innanzitutto.
Ma anche contro quelli Europei, Americani, Inglesi.
E contro quelli Siriani, Libici, Egiziani, Tunisini, Irakeni, Iraniani.
E contro tutti gli altri.

Lo siamo nei periodi di “pace” ed in quelli di guerra, perché la guerra e la “pace” sono ambedue utili al padrone, al suo sistema capitalista, al suo perpetuamento.
Per questo stiamo solo e sempre dalla parte del proletariato internazionale, contro la guerra e la pace dei padroni.
Perché se in pace siamo sfruttati ed uccisi dal lavoro salariato, in guerra siamo arruolati ed uccisi su tutti i fronti, sempre e comunque per il profitto.
Per questo pensiamo che “non ci sarà mai pace finchè vivrà un padrone”.

Adesso tocca alla Siria, snodo di interessi che fanno gola a grandi come a piccole potenze, ai guerrafondai continentali come ai rais autoctoni.
Si annunciano “guerre lampo” e “resistenze”, ma a pagare saranno i lavoratori siriani e quelli di tutto il mondo, intrappolati tra esercito di stato e “ribellione” fondamentalista, arruolati dietro bandiere nazionali e continentali, in concorrenza tra di loro, orfani di una propria organizzazione autonoma , capace di capire e lottare sul serio per la liberazione di classe. 

4/9/'13
Combat Roma/Viterbo

Rivoluzionari/e: Mother Jones

 
Nasce a Cork (Irlanda) nel 1830. Si trasferisce negli USA, dove fa l'insegnante e la sarta.Suo nonno viene impiccato dagli inglesi, e la famiglia perseguitata in quanto sostenitrice della causa irlandese.
Sposa un operaio, militante del sindacato ed ha da lui quattro figli. Nel 1867 la febbre gialla si porta via tutta la famiglia.
A Chicago, conosce i KOL e ne diventa militante. Dove ci sono le lotte, lei è presente e sempre in prima fila.
Partecipa alla "Grande Sollevazione" (1873) e organizza i ferrovieri a Pittsburg, Baltimora, Ohio, St. Louis. Per lei "le leggi non sono altro che l'espressione delle volontà degli industriali".
Licenziata dalla "United Mine Workers" di John Mitchell, è accolta da Bill Hayhood nella "Western Federation of Miners" e diventa leader delle principali lotte dei minatori dell'epoca.
1897 - Miniere di antracite
1901 - Sciopero contro Morgan- Carnegie
1903 - Sciopero di Cripple Creek
E' tra le fondatrici del "Socialdemocratic Party" (1898) entra poi nel "Socialist Party of America" (1904) e l'anno dopo è l'unica dirigente donna degli I.W.W.
E' l'inventrice della lotta per la "libertà di parola" all'ovest, dove attua forme di lotta di massa che coinvolgono intere famiglie operaie e spiazzano i potere costituiti.
E' richiesta ovunque ci sia scontro di classe.
E' dirigente del grande sciopero del 1913 dei minatori dell'Arizona "uno dei più importanti scioperi nella storia del movimento operiao USA" (P.Ortoleva).
Si oppone alla guerra imperialista girando in lungo e in largo il Paese per far scaturire dalle fabbriche la vera opposizione di classe. La fine degli IWW la colpisce duramente; ma non spezza in lei la voglia di organizzare i lavoratori. In tarda età è ancora attiva nei Congressi sindacali e nella sinistra americana.
Dira E. Debs di lei "Il suo solo nome è simbolo della rivoluzione". Muore il 30 novembre del 1930, all'età di 100 anni.
Nel suo testasmento, c'è scritto che "il futuro è nelle forti, ruvide mani dei lavoratori".

22.10.13

19 ottobre: Unifichiamo le lotte! Uniti si vince!

 
La giornata di oggi, che vede in piazza molte realtà di lotta impegnate a non abbassare la testa di fronte all’attacco del capitale, deve essere un momento di spinta verso l’unificazione delle lotte di tutti i settori del proletariato.
Dopo anni in cui la crisi si è abbattuta pesantemente sui salari e sulla condizioni di vita di milioni di lavoratori, precari, disoccupati e studenti, è venuto il momento di reagire con un programma di lotta comune e dandosi gli strumenti organizzativi all’altezza della sfida.
Al nord i lavoratori delle logistiche stanno tenacemente e coraggiosamente reagendo alla tracotanza padronale ed al sistema malavitoso delle cooperative. Ad essi si stanno aggiungendo Comitati per la “Garanzia di Salario” e per la riduzione generalizzata dell’orario di lavoro a parità di salario.
Al centro-sud importanti movimenti autorganizzati si stanno producendo tra lavoratori, cassintegrati, disoccupati. A Napoli, il 27 settembre, dietro il movimento di “UNITI SI VINCE!”, abbiamo visto un primo momento di accorpamento di queste esperienze di lotta: davanti ai cancelli di Pomigliano ed in corteo per le vie cittadine. Dobbiamo radicalizzare ed estendere questi collegamenti, coinvolgendo le molte aziende in procinto di essere chiuse o pesantemente ridimensionate, rivolgendoci ai lavoratori di tutti i settori (ad esempio a quelli del Pubblico Impiego, i più pesantemente colpiti dalla “Legge di Stabilità” del governo Letta).
Non è più il tempo di chiudersi dietro ai cancelli di una fabbrica in attesa che i becchini della “triplice” siglino la nostra fine!
Non è più il tempo dell’”ognuno per se’”! Non e’ piu’ il tempo degli “scioperetti” di facciata. La lotta deve far male al padrone ed al suo stato! Dobbiamo spostare e organizzare la lotta toccando i molti aspetti della nostra schiavitù: dal salario-orario, alla casa, ai servizi sociali, ai trasporti… rivendicare insomma - come proletari -il diritto a vivere!

Se faremo tutto questo, e se le realtà di lotta che oggi mostrano a Roma tutta la loro combattività si sforzeranno di condurre “il passo successivo”, avremo creato le basi per lo sviluppo di un movimento di classe anticapitalistico in grado, anche in Italia, di iniziare un processo di ribaltamento del capitalismo: unico e vero rimedio alla miseria, alle crisi , alle guerre.

Oltre la rivolta episodica
Per la lotta quotidiana
Per la costruzione dell’organizzazione autonoma di classe!
19 ottobre: appuntamento a Roma P.za s. Giovanni (davanti al COIN), ore 14, per partecipare alla manifestazione.

Combat – Comunisti per l’Organizzazione di Classe