30.3.13

Perù: dichiarato lo stato di emergenza per le proteste contro la miniera Xstrata


Il 28 marzo scorso in Perù è stato dichiarato lo stato di emergenza per 30 giorni (inizialmente nella provincia di Espinar, nel sud della regione andina di Cuzco, poi è stato esteso alle regioni Ayacuho, Huancavelica e Junin) dopo i violenti scontri tra polizia e abitanti dei villaggi che si oppongono all'attività della miniera Xstrata (multinazionale anglo-svizzera legata al settore minerario)-Tintaya. Ad oggi 2 persone sono morte negli scontri mentre si contano decine di feriti e arrestati, anche se non è ancora chiaro il numero preciso: i media nazionali e locali hanno dedicato pochissimo spazio a quanto sta avvenendo in queste regioni. L'esercito si è schierato nelle principali piazze dei villaggi della regione.
Lo stato di emergenza prevede il pieno controllo dei villaggi sotto l'autorità delle forze armate oltre a prevedere la sospensione della libertà di spostamento e altri diritti fondamentali come la sicurezza personale, l'inviolabilità del domicilio, la libertà di riunione.
Dopo le proteste sociali degli scorsi anni per il progetto minerario 'Conga' a Cajamarca, che avevano costretto il governo a rividere i parametri sull'effettivo impatto ambientale della miniera (gestita da un consorzio peruviano-statunitense) e rallentato di fatto i lavori del cantiere della stessa, la protesta si sposta oggi nella provincia di Espinar. Cambiano i luoghi, ma la stiuazione è la stessa: una classe (borghese) dirigente corrotta che continua inperterrita dopo secoli a svendere il territorio alla compagnia che offre di più; in nome del progresso e di una fantomatica "ricchezza nazionale". Una popolazione che si trova costretta a difendere con ogni mezzo necessario la propria salute, la propria terra e una fragile economia basata sull'agricoltura e che garantisce l'unico sostentamento di intere regioni.
 
CG

29.3.13

Noam Chomsky - Le 10 strategie della manipolazione mediatica

1 - La strategia della distrazione. L’elemento principale del controllo sociale è la strategia della distrazione che consiste nel distogliere l’attenzione del pubblico dai problemi importanti e dai cambiamenti decisi dalle élites politiche ed economiche utilizzando la tecnica del diluvio o dell’inondazione di distrazioni continue e di informazioni insignificanti.
La strategia della distrazione è anche indispensabile per evitare l’interesse del pubblico verso le conoscenze essenziali nel campo della scienza, dell’economia, della psicologia, della neurobiologia e della cibernetica. “Sviare l’attenzione del pubblico dai veri problemi sociali, tenerla imprigionata da temi senza vera importanza. Tenere il pubblico occupato, occupato, occupato, senza dargli tempo per pensare, sempre di ritorno verso la fattoria come gli altri animali (citato nel testo “Armi silenziose per guerre tranquille”).

2 - Creare il problema e poi offrire la soluzione. Questo metodo è anche chiamato “problema - reazione - soluzione”. Si crea un problema, una “situazione” che produrrà una determinata reazione nel pubblico in modo che sia questa la ragione delle misure che si desiderano far accettare. Ad esempio: lasciare che dilaghi o si intensifichi la violenza urbana, oppure organizzare attentati sanguinosi per fare in modo che sia il pubblico a pretendere le leggi sulla sicurezza e le politiche a discapito delle libertà. Oppure: creare una crisi economica per far accettare come male necessario la diminuzione dei diritti sociali e lo smantellamento dei servizi pubblici.

3 - La strategia della gradualità. Per far accettare una misura inaccettabile, basta applicarla gradualmente, col contagocce, per un po’ di anni consecutivi. Questo è il modo in cui condizioni socioeconomiche radicalmente nuove (neoliberismo) furono imposte negli anni ‘80 e ‘90: uno Stato al minimo, privatizzazioni, precarietà, flessibilità, disoccupazione di massa, salari che non garantivano più redditi dignitosi, tanti cambiamenti che avrebbero provocato una rivoluzione se fossero stati applicati in una sola volta.

4 - La strategia del differire. Un altro modo per far accettare una decisione impopolare è quella di presentarla come “dolorosa e necessaria” guadagnando in quel momento il consenso della gente per un’applicazione futura. E’ più facile accettare un sacrificio futuro di quello immediato. Per prima cosa, perché lo sforzo non deve essere fatto immediatamente. Secondo, perché la gente, la massa, ha sempre la tendenza a sperare ingenuamente che “tutto andrà meglio domani” e che il sacrificio richiesto potrebbe essere evitato. In questo modo si dà più tempo alla gente di abituarsi all’idea del cambiamento e di accettarlo con rassegnazione quando arriverà il momento.

5 - Rivolgersi alla gente come a dei bambini. La maggior parte della pubblicità diretta al grande pubblico usa discorsi, argomenti, personaggi e una intonazione particolarmente infantile, spesso con voce flebile, come se lo spettatore fosse una creatura di pochi anni o un deficiente. Quanto più si cerca di ingannare lo spettatore, tanto più si tende ad usare un tono infantile. Perché? “Se qualcuno si rivolge ad una persona come se questa avesse 12 anni o meno, allora, a causa della suggestionabilità, questa probabilmente tenderà ad una risposta o ad una reazione priva di senso critico come quella di una persona di 12 anni o meno (vedi “Armi silenziose per guerre tranquille”).

6 - Usare l’aspetto emozionale molto più della riflessione. Sfruttare l'emotività è una tecnica classica per provocare un corto circuito dell'analisi razionale e, infine, del senso critico dell'individuo. Inoltre, l'uso del tono emotivo permette di aprire la porta verso l’inconscio per impiantare o iniettare idee, desideri, paure e timori, compulsioni, o per indurre comportamenti…

7 - Mantenere la gente nell’ignoranza e nella mediocrità. Far si che la gente sia incapace di comprendere le tecniche ed i metodi usati per il suo controllo e la sua schiavitù. “La qualità dell’educazione data alle classi sociali inferiori deve essere la più povera e mediocre possibile, in modo che la distanza creata dall’ignoranza tra le classi inferiori e le classi superiori sia e rimanga impossibile da colmare da parte delle inferiori" (vedi “Armi silenziose per guerre tranquille”).

8 - Stimolare il pubblico ad essere favorevole alla mediocrità. Spingere il pubblico a ritenere che sia di moda essere stupidi, volgari e ignoranti...

9 - Rafforzare il senso di colpa. Far credere all’individuo di essere esclusivamente lui il responsabile della proprie disgrazie a causa di insufficiente intelligenza, capacità o sforzo. In tal modo, anziché ribellarsi contro il sistema economico, l’individuo si auto svaluta e si sente in colpa, cosa che crea a sua volta uno stato di depressione di cui uno degli effetti è l’inibizione ad agire. E senza azione non c’è rivoluzione!

10 - Conoscere la gente meglio di quanto essa si conosca. Negli ultimi 50 anni, i rapidi progressi della scienza hanno creato un crescente divario tra le conoscenze della gente e quelle di cui dispongono e che utilizzano le élites dominanti. Grazie alla biologia, alla neurobiologia e alla psicologia applicata, il “sistema” ha potuto fruire di una conoscenza avanzata dell’essere umano, sia fisicamente che psichicamente. Il sistema è riuscito a conoscere l’individuo comune molto meglio di quanto egli conosca sé stesso. Ciò comporta che, nella maggior parte dei casi, il sistema esercita un più ampio controllo ed un maggior potere sulla gente, ben maggiore di quello che la gente esercita su sé stessa.

Cipro: occhio al conto!

 
Si é arrivati, sembra, ad un accordo col rotto della cuffia. Per un’intera settimana il premier cipriota Nicos Anastasiades ha fatto la spola tra Nicosia e Bruxelles per vedere di trovare la “quadra” di una situazione incandescente: Erano in gioco il pericolo di bancarotta di un paese membro dell’UE e la sua possibile fuoriuscita dall’Euro. Con la conseguenza palpabile di un “effetto domino” che avrebbe trascinato con sé tutto il sistema monetario: continentale e non.
Tant’é che per la piccola Cipro (lo 0,2% del PIL dell’UE!) si é mobilitata la cosiddetta “Troika” (FMI, BCE, UE) nei suoi massimi esponenti, oltre ad Obama, alla Merkel ed altri capi di stato.
Un caso esplosivo insomma, che non é affatto concluso e che anzi sembra avere smosso altri noduli in via di putrescenza, come quello della Slovenia e della Spagna.
A dire il vero l’enorme debito pubblico dell’isola ( il 140% del PIL nazionale), la sua ipertrofia bancaria (il sistema finanziario cipriota ha attivi pari all’ 800% del PIL nazionale), la forte “esposizione” in questo paradiso fiscale dei capitali russi (ma pure britannici), ne avevano fatto oggetto di trattative con Fmi e BCE che andavano avanti da mesi. Senza dimenticare che oltre ad un problema di ipertrofia, il sistema del capitale finanziario é soggetto a periodici salassi dovuti alla sua intercorrelazione. Le banche cipriote dovevano infatti “disfarsi”, ma non sapevano come, di una grossa quantità di “titoli tossici” di provenienza greca!
Le Centrali finanziarie capitaliste “esigevano” da Cipro che il “buco” delle sue banche, stimato sui 17 miliardi di euro, venisse ripianato con un prestito di 10 miliardi, mettendo però Nicosia i restanti 7 mediante misure di pesanti “ristrutturazioni e razionalizzazioni” bancarie al suo interno.
Come avvenuto in Grecia, in Italia, in Spagna, in Portogallo ecc…non si esigeva cioé solo il “quanto”, ma pure il “come”…Proprio per “garantirsi” dalla necessità di dover nuovamente intervenire con altri prestiti di qui a poco. E tenendo presente che su una popolazione totale di poco più di un milione di abitanti dell’isola, con i settori di attività  “sbilanciati” verso i servizi (il 75,6% del PIL, e 8.000 addetti solo ai servizi finanziari, mentre l’agricoltura é al 4,3% e l’industria e costruzioni sono al 20,1%), diventa gioco forza intervenire pesantemente proprio sul sistema bancario. Nicosia, tra l’altro, in quanto “paradiso fiscale” non solo d’Europa, ma pure dei “ricconi” mediorientali e russi (detentori del 37% dei depositi bancari) faceva “melina”, non impegnandosi a fornire precise garanzie sulla restituzione del prestito.
Ecco allora l’affondo delle “istituzioni internazionali”, le quali hanno preso i classici due piccioni con una fava (anzi tre piccioni) per: 1) ridefinire i loro rapporti interni al contenzioso monetario dollaro/euro; 2) “sistemare” l’”anomala” penetrazione russa nel Mediterraneo e nell’area finanziaria europea, 3) costringere ad una “cura dimagrante” una borghesia cipriota ; la quale se la stava spassando non solo ai danni dei lavoratori indigeni ( il PIL pro-capite, 16.000 dollari, é tra i più alti del Mediterraneo ma il 16% dei proletari vive sotto il livello di povertà- dati OCSE), ma pure campando di “rendita” (eufemismo!!!) sulle “fughe” di capitali “amici”; in luoghi ameni dove le tasse sono basse (intorno al 10%) e la resa alta.
Una situazione insomma, quella cipriota, che qualcuno paragona così all’area monetaria del dollaro:
“…é come se la Florida offrisse asilo e protezione nelle sue banche agli aspiranti evasori fiscali di New York o della California.” (F. Rampini su “la Repubblica” del 25/03/’13). Ed ancora: “Non si dà licenza alle banche di Miami di prosperare sul riciclaggio, al riparo dai controlli della Federal Reserve degli Stati Uniti.”
La “Troika” ha dovuto dunque “sistemare” la vicenda Cipro, definita un “Grande Casinò”.
Ma come? “Piegando” il governo cipriota ad una linea che escludesse il ricorso ad una tassazione su tutti i depositi bancari, per concentrarsi invece sui depositi superiori ai 100.000 euro.
A parte il fatto che esiste nell’UE una clausola di salvaguardia per i correntisti detentori di importi sotto questa cifra, e che la sua violazione avrebbe “scatenato” in Europa un panico incontrollabile (di cui si sono avuti già dei sentori, e che a Cipro ha “costretto” il Parlamento a rifiutare anche il prestito europeo a quelle condizioni), l’elemento di fondo che emerge é che si é preso spunto dalla crisi cipriota per:
A) Impedire che passasse una linea di “controllo” sui movimenti di capitali dentro l’euro (inclusi i limiti di ritiro dei contanti), cosa che avrebbe intaccato uno dei principi fondamentali di ogni unione monetaria. Su questo Obama é intervenuto pesantemente  con la Merkel, appoggiandosi sul FMI. Da una linea “protezionista” ne sarebbe uscito penalizzato lo stesso dollaro;
B) Spingere per la creazione di una Unione bancaria europea, che eroghi direttamente dall’ESM, il Fondo Salva-Stati, i fondi necessari a coprire “buchi” come quello di Cipro, senza passare dal rifinanziamento dei Debiti Pubblici.
Si parla dunque di un “Asse FMI-Merkel” che avrebbe adottato per Cipro, al contrario su questo di quanto accaduto in Grecia, una “soluzione islandese”: l’onere del salvataggio delle due maggiori banche cipriote va accollato agli azionisti e ai titolari dei max depositi, sia con una forte tassa di tipo patrimoniale (come é poi successo), sia trasferendo i loro attivi in una BAD-BANK, di cui diventare azionisti.
Sarebbe l’inaugurazione europea, di fronte ad una crisi convulsiva del capitale, di un approccio che non si limiti ai “tagli” sui conti pubblici, ma che punti sui “reinvestimenti finanziari” accoppiati con energiche ristrutturazioni bancarie. Tradotto: le banche da chiudere si chiudono! Il capitale va rimesso direttamente nel “circolo produttivo” dopo cura dimagrante degli istituti finanziari a tassi più bassi d’interesse e con l’azionariato diffuso, anche in titoli pubblici.
Una linea di “finanziarizzazione della spesa pubblica” che spingerebbe ancora di più sulle privatizzazioni e sul business ad esse collegato, dopo che l’era dei “tagli” ha già demolito ciò che restava del Welfare e degli annessi…Una linea da noi molto ben interpretata da certa “sinistra” che punta sulla “riqualificazione” della spesa pubblica. Perchè su tutto ciò di cui i proletari sono stati espropriati (salario diretto, indiretto, assistenza, previdenza ecc)…”chi ha avuto ha avuto e chi ha dato ha dato”!
Mosca ha accusato il colpo.  Il prelievo deciso sui conti correnti russi ammonterebbe a 2 miliardi di euro. Vengono investiti nella bufera gruppi del calibro di Gazprom, Likoil, Abramovitch…nonché Ministri e banche russe. Il discorso di partenza dei governanti ciprioti é stato più o meno questo : “Avendo dovuto rinegoziare il debito della Grecia con una perdita secca di 4,5 miliardi  di euro, se se ne vanno anche i russi é la catastrofe…”
Fmi-Merkel non si sono fatti intenerire, entrando in conflitto non solo coi russi (cosa pericolosa anche dal punto di vista politico in una fase di tensione sulle vicine Siria ed Iran), ma pure con l’Europa del Sud, la quale ha cercato invano una “sponda” nella C.E. per frenare i “diktat” della BCE. Anzi, se fosse stato per il FMI sarebbe stata dichiarata fallita non solo la Laiki Bank, ma pure  il primo istituto finanziari cipriota, la Bank of Cyprus. Essa é stata “salvata” dal piano Ecofin solo dopo solenne impegno del governo di Nicosia di dimezzare il settore bancario del paese.
L’unica “mediazione” che la C.E. é stata in grado di assumersi consiste nel tenere vive le trattative con Putin, al quale Cipro continua a chiedere migliori condizioni per la restituzione del prestito di 2,5 miliardi di euro del 2011.
Gli Usa vedono salvaguardati i loro interessi “mediterranei” ed il loro “cuneo” dentro l’euro. La Germania ed il blocco europeo del centro-nord (ma non la Francia, in odore di imminente “declassamento”) gongolano per i ventilati arrivi di capitali dai paesi “a rischio” verso le loro banche.
Come si vede, le cose stanno in maniera un po’ più complessa dei titoli propagandistici tipo: “L’Isola del Tesoro scarica i russi”, con cui la borghesia  cerca di liquidare lo “scampato pericolo”…
Ora, con l’accordo Ecofin, arrivano i 10 miliardi di aiuti, ed i 7 dei ciprioti vengono presi da un severo “hair cut” sui 10.000 depositi bancari superiori ai 100.000 euro, con tassazioni che mediamente arrivano al 40%!
Le tasse sulle imprese aumentano di 2 punti e mezzo. Ma sono a forte rischio gli 8.000 dipendenti del sistema finanziario. Si ipotizza che nel 2013 ci sia un crollo del PIL tra il 5 ed il 10%  e  un inevitabile innalzamento del Debito. Proprio come in Grecia.
Ed altre “bombe” stanno innescandosi in questa crisi capitalistica: Bankia, il quarto gruppo finanziario spagnolo, non potrebbe restituire all’UE i 10 miliardi di aiuti da poco ricevuti.
In Slovenia, nonostante le rassicurazioni del governo, le banche sono ingolfate dai titoli “tossici” che toccherebbero il valore di 7 miliardi di euro, il 20% del PIL nazionale.
Mentre scriviamo migliaia di studenti ciprioti stanno manifestando per le vie di Nicosia chiedendo a gran voce “Via la Troika!”.
E’ un grido di battaglia che deve unire tutti i proletari d’ Europa contro ogni governo nazionale, di qualunque colore, che é complice e partecipe di FMI, BCE, UE.
La soluzione non sta però nel nazionalismo, che riprodurrebbe gli stessi meccanismi di sfruttamento e di guerra (la storia insegna), ma nella rivoluzione comunista internazionale.
Abbiamo da perdere solo le nostre catene. Ed un mondo da conquistare!

Comunisti per l’Organizzazione di Classe

fonte: Combat-coc.org

All Power to the People (6)


Lisbona in piazza contro il governo e la disoccupazione

Lo ‘Youth day’ portoghese di ieri, 27 marzo, è diventato una giornata di lotta per le strade di Lisbona: migliaia di persone sono scese in piazza per portare l’attenzione su una grossa problematica che in tempo di crisi sta colpendo proprio i giovani (e non solo), ovvero la disoccupazione.

Negli ultimi anni il tasso di persone disoccupate ha continuato a crescere ininterrottamente e al momento ha raggiunto un picco di più del 18%: quasi la metà di queste sono persone con meno di 35 anni.

Questo dato si inserisce in un periodo caratterizzato dalla peggior recessione dagli anni ’70 e di fronte alla quale il governo di centrodestra guidato da Passos Coelho ha applicato fedelmente le richieste di manovre di austerità imposte dalla Troika, con effetti devastanti sul paese.

E proprio contro il governo hanno puntato il dito le migliaia di persone scese in piazza ieri, che hanno accusato l’esecutivo di Coelho di aver impoverito e svenduto il paese a danno soprattutto delle nuove generazioni che stanno pagando il prezzo delle misure di sacrificio varate negli ultimi anni.

Le migliaia di manifestanti, molti dei quali indossavano maschere con la faccia del primo ministro e di altri esponenti di governo, hanno attraversato la città per poi concludere la manifestazione proprio sotto il Parlamento (ancora una volta blindato dalle forze dell’ordine), luogo simbolo per le tante manifestazioni anti-austerity susseguitesi in Portogallo negli ultimi mesi.
 
fonte: Infoaut.org

28.3.13

Melissa Alfaro

Melissa, giovane studente della scuola di giornalismo Jaime Bausate e Meza a soli 23 anni era già redattore capo del settimanale d'informazione "Cambio". Fino al giorno del 10 ottobre 1991, quando aprì una busta contenente esplosivo militare che la uccise sul colpo. Divenne il simbolo delle vittime del terrorismo di stato perpetrato da Fujimori e dai "montesinos" che tantò sanguè costò alla popolazione peruviana.
La decisione di eliminare la sua voce scomoda fu presa dai boia di stato quando "Cambio" iniziò ad indagare su diversi casi di assassinii politici, come gli omicidi dello studente Ernesto Castillo Páez e il giornalista Luis Morales Ortega.
Ci sono voluti 20 anni per iniziare a fare luce sugli autori di questi omicidi. Ancora oggi in Perù sono poche le associazioni e organizzazioni a ricordare il periodo nero della dittatura, e a tenere in vita la memoria di coloro che provarono ad opporvisi. L'eredità della dittatura pesa ancora come un macigno sulla coscienza collettiva dei peruviani.
"Melissa era un giovane 'giornalista-Calichina' come la chiamavano i suoi colleghi. Era una cronista curiosa e appassionata del suo lavoro. I problemi non le tolsero mai il sorriso, né la paura riuscì a fermare la sua decisione di affrontare il regime corrotto e violatore dei diritti umani di Alberto Fujimori."
"Mori' compiendo il suo dovere, come lei avrebbe voluto: di fronte alla sua scrivania"
Norma Méndez, madre di Melissa

25.3.13

Ecuador, arrestati tre oppositori al progetto minerario di Kimsakocha

Siamo stati informati della situazione in cui si trovano tre dirigenti della lotta in difesa dell'acqua della provincia di Azuay: Carlos Perez Guartambel, Federico Guzmán e Efraim Arpi Soria sono stati condannati a causa del loro ruolo nell'organizzare le proteste delle comunità che difendono le fonti d'acqua minacciate dalle attività minerarie su larga scala nel 'páramo' [ecosistema di montagna delle Ande] di Kimsakocha. Sappiamo anche che il processo giudiziario che è stato avviato contro di loro sin dal maggio 2010, presenta gravi irregolarità che mettono in discussione l'imparzialità del sistema giudiziario.
Come organizzazione impegnata nella difesa dei diritti umani e della natura siamo preoccupati che tutto questo avvenga in un paese come l'Ecuador, che ha ratificato numerosi trattati internazionali che garantiscono diritti umani e ne sono i loro sostenitori, e che ha una Costituzione che stabilisce il diritto fondamentale all'acqua, garantendo la sovranità alimentare, e che riconosce di fatto il diritto di resistenza contro azioni o omissioni delle autorità, persone fisiche o giuridiche che violano o possono violare i diritti costituzionali.

Inoltre, l'Assemblea Costituente del 2008 ha concesso l'amnistia a centinaia di persone impegnate nella difesa dell'ambiente, riconoscendo che "molti uomini e donne del nostro paese si sono mobilitati in difesa della vita, delle risorse naturali e dell' ambiente; contro le società che hanno devastato l'ecosistema" le iniziative incriminate sono state diverse azioni di resistenza e di protesta, per le quali "alcuni di loro sono stati repressi e quindi perseguiti per reati politici e reati comuni connessi con quelli politici, in alcuni casi direttamente dalle società nazionali ed estere, in altri, da parte di intermediari e di funzionari pubblici.

La mancata osservanza di questo precedente giuridico nel nuovo quadro costituzionale,ha portato dal 2009 a nuovi casi di criminalizzazione in situazioni simili tutti attinenti alla difesa della natura, dei diritti umani e delle comunità; uno di questi riguarda il caso dei tre dirigenti Carlos Pérez Guartambel, Federico Guzmán Paute e Efraín Arpi Soria, in qualità di organizzatori nelle comunità di Victoria Portete e Tarqui dove di fronte alle minacce di un progetto minerario di scala industriale, sono state promosse iniziative e mobilitazioni non violente in difesa dell'acqua, come la realizzazione il 2 ottobre 2011, della prima consultazione comunitaria sulle miniere in Ecuador, in cui il 93% della popolazione ha votato contro l'attività mineraria nel suo territorio. Con passi come questi la lotta delle comunità per l'acqua è riuscita finora a salvare Kimsakocha.
Il progetto minerario Kimsakocha venne commissionato nel 2001, in mezzo a denunce di illegalità, alla compagnia IAMGOLD oggi associata all'INV Metals, entrambi canadesi, che utilizzeranno grandi quantità di acqua provocando la contaminazione delle sue sorgenti.

Nelle lande desolate del Kimsakocha nascono 2 dei 4 fiumi che attraversano la città di Cuenca e che servono per l'approvvigionamento idrico, per uso domestico e per l'irrigazione, di molte comunità indigene che dipendono da agricoltura e l'allevamento.

Cronologia di un processo giudiziario corrotto


Per queste ragioni Carlos Pérez Guartambel ha subito una pena detentiva nel 2009. Successivamente, il 4 maggio 2010, durante la mobilitazione non violenta contro la "Ley de Aguas" la stessa repressione ha colpito Carlos Perez, Federico Guzmán e Efraim Arpi.

Al momento del loro arresto la polizia li accusava di: "sedizione, alterazione dell'ordine pubblico, aggressione a pubblico ufficiale e distruzione di beni pubblici, oltre all'interruzione e ostruzione dei servizi pubblici."

Lo stesso giorno, il Tribunale penale, ricevendo l'accusa della procura impone l'ordine di custodia cautelare con l'accusa di sabotaggio e terrorismo ai servizi pubblici, secondo l'articolo 158 del codice penale. Il 7 maggio, il presidente della Corte Provinciale di Azuay, revoca la detenzione preventiva. Venti giorni dopo, il Tribunale penale in risposta a un nuovo ordine di detenzione dal pubblico ministero, dà misure alternative: divieto di frequentare luoghi di protesta e divieto di lasciare il paese oltre l'obbligo di presentarsi al pubblico ministero ogni 8 giorni.
I provvedimenti contro i tre si susseguono fino ad arrivare al 14 agosto del 2012, quando la Camera penale della Corte Nazionale con voto a maggioranza condanna alla detenzione i leader indigeni difensori dell'acqua e della Pachamama ['madreterra' in lingua quechua].(...)

Il 15 gennaio 2013 viene notificata la sentenza.

Questo fatto costituisce un pericoloso precedente giudiziario per il movimento sociale ecuadoriano, da questo momento il diritto alla resistenza e alla protesta sociale pacifica può essere violato, tanto più se viene approvato il progetto di riforma del codice penale proposto dall'esecutivo, che rafforza le pene e le misure di detenzione.

Noi chiediamo ed esigiamo:

Prendiamo atto con profonda preoccupazione la violazione del diritto di resistenza contro progetti minerari industriali, (...)a Kimsacocha, che colpiscono il sistema idrico della comunità. Non possiamo accettare che l'esercizio dei diritti stabiliti nella Costituzione ecuadoriana si traducano nelle azioni repressive che criminalizzano chi difende la natura e i diritti delle comunità.

Condanniamo la sentenza contro i tre dirigenti sostenitori della difesa dell'acqua a Azuay (...)

Denunciamo alla comunità internazionale questa condanna giudiziaria e il rischio che corrono centinaia di capi delle comunità che sono vittime della persecuzione giudiziaria.

Herman@s

Oggi dobbiamo pagare la condanna al carcere per difendere l'acqua(...). Non possiamo crederci, è dura da accettare, non auguro a nessuno quello che sta succedendo, più per i miei piccoli che rimangono con la madre e mia compagna; (...) per l'acqua tutto senza acqua niente, (...) con l'acqua possiamo parlare, guarire,vedere, piangere, vivere, per questo resistiamo; tutto per la yakumamita, per noi, per i nostri figli e i loro figli, veniamo dall'acqua e acqua diventeremo
un abbraccio fraterno

Scetticismo e comunismo

Una delle ragioni del diffuso scetticismo nei confronti del comunismo è l'incapacità di immaginare una società diversa dalla nostra. Ci sono, è vero, movimenti cosiddetti alternativi, che presentano programmi che pretendono di combattere il mercato, il consumismo, lo sviluppo senza fine. Ma, a ben guardare, si vede che queste presunti progetti anticapitalistici contemplano la piccola proprietà privata, la moneta, il salariato, il profitto, le banche “etiche”, il profitto “equo e solidale”, e così via. Vogliono eliminare il capitalismo lasciando intatte le sue categorie. E' come pretendere di superare il feudalesimo lasciando intatti maggiorascato, erbatico, servitù della gleba, corvées, jus primae noctis... Era più facile prendere le distanze dal capitalismo nell'Ottocento, quando i forti residui feudali o di un'economia mercantile semplice offrivano termini di paragone; la consapevolezza degli sviluppi storici passati rendeva più comprensibile il carattere storicamente transitorio di ogni sistema economico sociale. Ogni società può vivere e progredire grazie alla presenza di un lavoro passato accumulato (macchinari, materie prime, semilavorati...) e del lavoro presente immediato, che impedisce al lavoro passato di andare perduto per il mancato uso, e crea nuova ricchezza. Il lavoro degli operai, ad esempio, impedisce alle macchine di andare alla malora, e crea nuovi prodotti. Gli economisti borghesi, proiettando abusivamente le condizioni della nostra società nel passato e nel futuro, chiamano sempre e comunque questo lavoro morto “capitale”, estendendo tale denominazione persino al più modesto aratro di legno dell'antichità. Macchine e materie prime sono capitale soltanto in un preciso contesto sociale. Il telaio con cui un tempo le donne tessevano i panni esclusivamente per la famiglia era una macchina, ma non capitale, perché non operava per il profitto. In altri sistemi economico-sociali il lavoro vivente era dominante, e si serviva del lavoro morto per una nuova produzione. Società tecnicamente non molto avanzate, ad esempio gli Incas, con la canalizzazione delle acque e la creazione di grandi depositi di mais riuscivano a provvedere ai bisogni essenziali della popolazione, mentre il capitalismo, pur dotato di tecniche avanzatissime, non è in grado di farlo e affama strati ingenti della popolazione mondiale. I Sumeri controllavano razionalmente le acque, mentre il capitalismo, pur disponendo di mezzi pressoché illimitati, non fa nulla per evitare le alluvioni e ci guadagna pure con la ricostruzione. Questo perché nel capitalismo il rapporto è capovolto, c'è il dominio del lavoro accumulato sul lavoro vivente, che serve come mezzo per accrescere il valore del lavoro morto. Lo scopo di una fabbrica capitalistica non è soddisfare le esigenze del consumatore o dare lavoro agli operai, ma ricavare profitto. Se questo non si ottiene, i capitali sono trasferiti altrove, con buona pace di operai e consumatori. Macchine modernissime, tesori di competenza tecnica vanno sprecati. Il capitalismo non è l'economia dei consumi, ma quella dello spreco. Il capitalismo è possibile perché una parte crescente della società, che non possiede alcun mezzo di produzione, il proletariato, è costretta a vendere la propria forza lavoro in cambio di un salario. Il capitalista è lo strumento umano di questo sfruttamento, ha grandi privilegi, ma non può cambiare le regole. O accentua sempre più lo sfruttamento o fallisce. Il dominio del lavoro morto sul lavoro vivente spiega perché è un'illusione il capitalismo dal volto umano. L'uomo è l'accessorio della macchina, non viceversa. Lo stesso wellfare non è altro che un indoramento delle catene per i lavoratori, che non hanno scelta: o accettano di sottomettersi ai diktat del capitale o scelgono la fame. Il proletario lavora quando il capitalista glielo permette, e accresce il capitale logorando i propri muscoli, le proprie ossa, i propri nervi. Dal punto di vista economico il proletariato è spesso sconfitto. Nelle lotte sindacali, il capitalista può di solito resistere più di lui, ma nelle lotte politiche, in certe occasioni storiche, i lavoratori si possono prendere la rivincita, anche se i risultati sono provvisori. Ad esempio, quando le lotte hanno imposto agli stati di fissare per legge precisi limiti agli orari di lavoro, di combattere la nocività in fabbrica, d'impedire il licenziamento delle donne incinte, e così via. Queste conquiste politiche sono perdute ogni volta che i lavoratori abbassano la guardia. E' possibile una vittoria definitiva, un nuovo ribaltamento col ritorno del dominio del lavoro vivo? Sì, ma non certo col ritorno del piccolo contadino, proprietario dei propri modesti mezzi di produzione (terra, strumenti, masserizie...) o dell'artigiano, infinitamente meno produttivi della fabbrica o della fattoria capitalistiche. E' possibile, espropriando i capitalisti, gestire sul piano collettivo le grandi fabbriche e la grande agricoltura, indirizzandole non più alla ricerca del profitto ma alle necessità della popolazione. Eliminazione, dunque, delle produzioni inutili o dannose, incrementando quei prodotti che soddisfano i bisogni essenziali, fine della speculazione edilizia e riconversione dei terreni all'orticultura, fine della sofisticazione dei cibi, sostituzione del traffico caotico e inquinante con trasporti pubblici, ecc. Finché la rivolta proletaria non lo avrà distrutto, il capitalismo continuerà ad avvelenare l'aria, a distruggere i campi, a sporcare fiumi e mari, a sterminare migliaia di specie animali, ad affamare interi popoli, a trascinare le nazioni in guerre, a trasformare in un inferno la vita nelle città, a condannare all'isolamento e al sottosviluppo chi vive in campagna. Chi non ha capito tutto questo si limita a battaglie settoriali (per l'ambiente, per la scuola, contro la corruzione...) senza cercare di collegarle fra loro e individuare la matrice unica del presente sfascio, la “Auri sacra fames “, la ricerca ossessiva di plusvalore del capitale.

Michele Basso

20 marzo 2013

fonte: Sotto le bandiere del marxismo

23.3.13

Gente de Borgata - Per tutti

Belgio, scontri tra lavoratori della ArcelorMittal e polizia

Continua oramai da diversi mesi la protesta dei lavoratori dell'acciaieria ArcelorMittal di Liegi.

Mentre una delegazione di sindacalisti era in udienza presso i parlamentari della Vallonia, circa 500 lavoratori che sostengono l’occupazione dell’acciaieria hanno manifestato per le strade di Namur.
Quando la polizia ha circondato i lavoratori e questi hanno tentato di sfondare i cordoni, sono iniziati gli scontri con lanci di pietre e vernice in direzione delle forze dell’ordine le quali hanno risposto con gli idranti. A fine giornata si contano diversi feriti e un fermato rilasciato poche ore dopo.

Appena a fine novembre, il gigante dell’acciaio aveva manifestato l’intenzione di investire sulle linee a freddo dell’impianto di Liegi, definendole di “importanza strategica”.

A gennaio, invece, era arrivato un nuovo annuncio da parte dalla dirigenza, ossia quello di voler chiudere sei linee a freddo dei suoi impianti con la prospettiva di 1.300 licenziamenti.

La risposta dei lavoratori allora fu immediata e in circa un migliaio cercarono di avvicinarsi al Consiglio Regionale della città (dove era in corso un incontro con i rappresentanti sindacali) scontrandosi con la polizia.
Oggi i lavoratori della ArcelorMittal hanno confermato la loro determinazione lanciando un chiaro segnale al parlamento vallone e la task force istituita dal governo ha fatto sapere che formulerà le proprie conclusioni nei prossimi giorni. 
 
fonte: Infoaut.org

22.3.13

All Power to the People (5)


Horacio Zebellos, un insegnante del popolo

Sabato 20 marzo 1943, nel distretto di Carumas , provincia di Mariscal Nieto nel dipartimento di Moquegua nasce Nicéforo Horacio Zeballos Gámez, terzo di otto figli.
Suo padre, don Celerino Zeballos Medina, agricoltore e commerciante, ha avuto molti incarichi pubblici, come governatore, sindaco, giudice di pace, ecc. Muore in un tragico incidente quando era di ritorno da una visita a Horacio in prigione, a seguito della repressione contro lo sciopero prolungato dei maestri nel 1979.
Sua madre, Sabina Gámez Melgarejo, era una donna generosa e dal carattere forte,  impegnata anch'essa nelle lotte degli insegnanti e del popolo. Così è ricordata nella canzone di San Fernando  a lei dedicata: "Sono venuta a prendere il posto della lotta che apparteneva a mio figlio Horacio, perché lui è vostro, del popolo, e ora non mi appartiene". Accompagnò sempre il suo Horacio, fino a quando il suo cuore smise di battere il 28 dicembre 1979.  Non era neanche passato un mese dalla morte di don Celerino, suo compagno.

Nel 1955 all'età di 12 anni, Horacio entra nell'istituto nazionale "La Libertad", che in seguito divenne la "Grande Unità Scolastica Simón Bolívar". Finiti gli studi secondari si stabilisce ad Arequipa ed entra nella "Scuola Normale di Varones de la Salle"dove insegna. Ha sempre voluto lavorare fuori città, e una volta disse:"Un buon insegnante va nei villaggi remoti, dove i governi dimenticano che ci sono dei bambini".
Si unisce all'ANEA (Associazione Nazionale Scrittori ed Artisti) di Arequipa, fa amicizia con poeti, studiosi, politici e artisti come Guillermo Mercado, Pastore Pedro Luis Gonzales, Eduardo Gomez Becerra, Jose Villalobos Ampuero, Rebaza Teodoro Nunez, Carlos de la Riva, ecc.
Viene nominato direttore-docente presso la scola elementare N°9678 nel villaggio di Pitay, nel distretto di Santa Isabel de Siguas, a 110 km dalla provincia di Arequipa; qui per insegnare trova solo un locale fatto di canne e fango mentre nel villaggio non aveva nè un alloggio dove dormire nè un posto dove mangiare. Durante la sua "gestione" costruisce i locali della scuola, a cui si aggiunge presto un campo sportivo, acquista dei vecchi strumenti di una banda musicale e assieme alla comunità del villaggio costruisce un punto medico che prende il posto di quello che distava a  5 km dalla strada che portava al villaggio di Pitay.
Dopo due anni, si trasferisce nella scuola elementare del distretto Sabandía, poi a Calle San Pedro, dove viene dichiarato "personale eccedente" a causa della sua attività sindacale e viene trasferito nella "Scuola della Repubblica Argentina".
Horacio comincia la sua attività sindacale nel Sindacato dei maestri elementari di Arequipa formando con altri otto maestri il "Movimento Indipendente di Unificazione Scolastica" facendo vincere le elezioni alla corrente sindacale nel periodo 1969-1971; in questi anni guida la "Quinta Assemblea Provinciale dei Maestri elementari di Arequipa" dove viene eletto presidente; viene creata la prima "Università Magistrale per il Popolo".
La lotta per l'unificazione del sindacato degli insegnanti avviene  nei giorni 1,2 e 3 del luglio 1971 nel "Congresso di Unificazione" oltrepassando le differenze corporative dei diversi livelli di insegnamento per arrivare a formare il "Sindacato Unico dei Professori di Arequipa" SUPRA; Horacio ne viene eletto Segretario Generale e come tale partecipa al Congresso di unificazione dell'insegnamento nazionale che si tiene a Cuzco.
Nel luglio del 1972, dopo una grande mobilitazione nazionale, gli insegnanti si riuniscono a Cuzco nel "Grande Congresso di Unificazione" fondando il Sindacato Unico dei Lavoratori dell'Educazione del Perù (SUTEP), Horacio viene eletto Primo Segretario.
Come dirigente sindacale, sconta la repressione e l'incarceramento, nel mese di ottobre del '73 assieme ad altri dirigenti arrestati, viene confinato nella colonia penale del SEPA nella giungla peruviana per circa otto mesi, e liberato il 13 giugno 1974 dopo numerose giornate di lotta degli insegnanti e del popolo peruviano. In quest'occasione dice:"La libertà che oggi mi è concessa è la libertà di continuare a lottare."
Nel Congresso di Puno del 1978, il SUTEP lo elegge nuovamente suo segreatrio generale, viene organizzato uno sciopero  per l'8 di maggio che durerà 81 giorni resistendo alla dittatura militare, e che si conclude con il riconoscimento del sindacato e con aumenti salariali per tutto il corpo insegnanti.
Il 4 giugno del 1970 riprende lo sciopero sospeso l'anno prima, per il rifiuto della dittatura a riconoscere quanto essa stessa aveva promesso durante la lotta degli 81 giorni. La dittatura tenta di decapitare il sindacato arrestando e imprigionando i suoi dirigenti, compreso Horacio che a causa della sua cattiva salute  viene portato al carcere dell'ospedale della polizia. Lo sciopero dura 120 giorni e sarà un fattore determinante nella lotta per la democrazia in Perù che si conclude nel 1980.
Horacio muore a Lima nel 1984.
Ogni anno il 7 di marzo in tutto il Perù la figura di Horacio viene omaggiata per una vita dedicata all'insegnamento, ai lavoratori e al popolo, divenendo il simbolo delle lotte degli insegnanti.

CG

22 Marzo: Significativo successo dello sciopero nelle logistiche per il rinnovo del contratto nazionale!

A partire da questa notte e per le successive 24 ore i lavoratori delle logistiche del centro-nord hanno messo in campo forti e compatti scioperi e picchetti per ottenere il rinnovo del Contratto Nazionale Trasporto Merci e Facchinaggio.
Gli scioperi sono stati indetti dal Si Cobas (Sindacato Intercategoriale-Lavoratori Autorganizzati) e dall’ ADL Cobas (Associazione Diritti Lavoratori) su una piattaforma presentata, discussa e votata dai lavoratori stessi, mentre la Triplice sta manovrando dietro le quinte – con le associazioni padronali -nella più totale disinformazione degli interessati- per cambiare “in peggio” l’attuale (e spesso disatteso) Contratto, scaduto il 31 dicembre.

Tra i punti salienti della piattaforma troviamo: 1) garanzie per i lavoratori in caso di cambio di appalto, 2) l’obbligo per il committente di avvalersi di un unico appaltatore; 3) corresponsione al 100% dell’integrazione per malattia od infortunio; 4) pagamento al 100% di 13°, 14°, festività, ROL, permessi e TFR a prescindere dalle ore effettivamente lavorate; 5) aumenti salariali netti di 150 euro uguali per tutti a partire dal gennaio 2013; 6) reintroduzione degli automatismi di passaggio di livello; 7) aumento al 50% della maggiorazione dello straordinario e fissazione di esso oltre le 8 ore giornaliere ed al sabato; democrazia sindacale reale nei luoghi di lavoro (e non per la sola Triplice).

L’adesione dei lavoratori é stata massiccia.

Nel milanese si segnalano scioperi e blocchi totali a Carpiano, Settala, Liscate (DHL, SDA, TNT).

A Piacenza sciopero riuscito quasi totalmente all’IKEA, GLS, TNT.

A Bologna bloccato l’Interporto da oltre 500 lavoratori (TNT, Bartolini…)

Ad Anzola, sempre nel bolognese, cuore della “COOP Adriatica”, la cosiddetta “cooperativa rossa”, la polizia ha caricato i lavoratoti ferendone due, ma non impedendo che lo sciopero ed il picchetto continuassero con successo.

Nel Veneto, soprattutto a Verona e Padova (Bartolini, TNT, Artori, GLS) anche qui alte adesioni.

A Roma blocco dell’ SDA.

Come si vede, la lotta si é sviluppata con successo, riscuotendo l’adesione di molti lavoratori. Essi intravedono nelle rivendicazioni classiste ed unitarie l’unica via d’uscita dal disastro in cui padroni, governi, politicanti borghesi e sindacati collaborazionisti li hanno gettati.

Le lotte iniziate nel 2008 ad Origgio in questo settore così importante per il capitale, non sono state vane! Si stanno allargando! Si stanno radicando! Stanno conquistando simpatie ed adesioni di fette importanti di lavoratori che non ci stanno a chinare sempre la testa!

E’ UN SEGNALE PER TUTTI I LAVORATORI ITALIANI!

E’ UN INVITO CONCRETO A ROMPERE COL COLLABORAZIONISMO, LA SCHIAVITU’, LA PASSIVITA’. UNITI SI VINCE!!!


Collettivo La Sciloria (Rho)-Comunisti per l’Organizzazione di Classe

fonte: Combat-coc.org

20.3.13

Many different nations just one class

Ogni centro industriale e commerciale in Inghilterra possiede ora una classe operaia divisa in due campi ostili, i proletari inglesi e i proletari irlandesi. L'operaio inglese medio odia l'operaio irlandese come un concorrente che abbassa il suo livello di vita. Rispetto al lavoratore irlandese egli si sente un membro della nazione dominante, e così si costituisce in uno strumento degli aristocratici e dei capitalisti del suo paese contro l'Irlanda, rafforzando in questo modo il loro dominio su lui stesso. Si nutre di pregiudizi religiosi, sociali e nazionali contro il lavoratore irlandese. La sua attitudine verso di lui è molto simile a quella dei poveri "bianchi" verso i "neri" degli antichi Stati schiavisti degli Stati Uniti d'America. L'Irlandese gli rende la pariglia, e con gli interessi. Egli vede nell'operaio inglese nello stesso tempo il complice e lo strumento stupido del dominio inglese sull'Irlanda.
Questo antagonismo è artificialmente mantenuto e intensificato dalla stampa, dagli oratori, dalle caricature, in breve da tutti i mezzi di cui dispongono le classi dominanti. Questo antagonismo è il segreto dell'impotenza della classe operaia inglese, a dispetto della sua organizzazione. E' il segreto grazie al quale la classe capitalista mantiene il suo potere. E questa classe ne è perfettamente cosciente.

                                                        Lettera di K. Marx a S. Meyer e A. Vogt, 9/4/1870

A due anni da Fukushima

Fukushima è peggio di Hiroshima e Nagasaki

La terra ha tremato e tremato e subito dopo il mare si è alzato, trascinando via con sé decine di migliaia di vite umane (al momento le vittime del terremoto in Giappone sono stimate in circa 33.000). Ma non c’è stato neppure il tempo di piangerle, la loro tragedia è impallidita di fronte ad una nuova tragedia: l’incidente nella centrale atomica di Fukushima, ancora in corso e di cui forse per anni, come a Chernobyl, non conosceremo esattamente la verità, le responsabilità e le conseguenze.
“Fukushima è peggio di Hiroshima e Nagasaki” ha detto una donna sopravvissuta al terremoto e allo tsunami. Le hanno chiesto “Perché lo pensa?”. Lei ha risposto “Perché Hiroshima e Nagasaki sono il passato, Fukushima è il futuro”.
Fukushima è davvero non solo il futuro, ma anche il presente. E’ un paradigma di tutto ciò con cui ci scontriamo ogni giorno.

Le menzogne per coprire quando sta succedendo giorno per giorno. Le “informazioni” fornite dal governo giapponese, dalla NISA (l’agenzia di sicurezza nucleare), da TEPCO (la Compagnia di Energia Elettrica di Tokio, società che gestisce la centrale, la terzo impresa elettrica del mondo), dalle agenzie internazionali come l’AIEA e il JAIF (Foro Industriale Atomico), e i media fanno sorgere più dubbi di quante risposte diano.
Una per tutte: le foto aeree e satellitari mostrano che né gli alberi né gli edifici avevano riportato danni per lo tsunami, prima dell’esplosione di idrogeno che hanno distrutto i reattori 1 e 3. Quindi probabilmente lo tsunami è stato molto meno violento che a Minamisoma o a Sendai (che distano circa 70 km. dalla centrale e che sono andate completamente distrutte). In questo caso, le strutture della centrali erano molto più fragili di quanto ci hanno detto.
Del resto TEPCO aveva già falsificato nel 2002 le informazioni sulla sicurezza delle sue centrali e fu obbligata a chiuderne temporaneamente 17. I dirigenti della compagnia ammisero di aver presentato ben 200 rapporti falsi nei 20 anni precedenti. Nel 2007 un terremoto di 6,6 gradi obbligò TEPCO a chiudere i 7 reattori della centrale atomica più grande del mondo, quella di Kashiwazaki-Kariwa, che rimase chiusa per ben 21 mesi per riparazioni e prove sismiche. Solo 4 dei reattori ripresero a funzionare. Eppure le lobby mondiali del nucleare e i loro governi avevano sostenuto che il disastro di Chernobyl del 26 aprile 1986 era dovuto alla tecnologia obsoleta e che la scarsa o nulla informazione era caratteristica dell’opacità del sistema sovietico. Sembra invece che l’avanzato e tecnologico sistema capitalistico giapponese e la opacità della sua informazione siano esattamente lo stesso.

Il profitto fa la differenza.

Si è scelto di cercare di raffreddare la centrale, dopo che i sistemi erano saltati, con acqua che ha provocato – a contatto con l’enorme calore – nubi di vapore contenenti isotopi radioattivi che sono arrivate fino alla Cina (il governo cinese sta monitorando ben 14 provincie). Data la scarsità di acqua nei giorni successivi (l’acqua è stata razionata persino ai 400 lavoratori che, a rischio della loro vita, stanno disperatamente tentando di riparare i danni e sono costretti a lavarsi con spray all’alcool), è stato fatto lo stesso utilizzando acqua di mare che, contaminata, oltre che ad essere assorbita dal terreno, è ritornata al mare (dove la porteranno le correnti? che faranno i pescatori giapponesi nel prossimo futuro?).

Perché si è scelto di ubicare la maggior parte delle centrali giapponesi vicino al mare, tenendo conto che nel paese ogni anno si verifica decine di terremoti, la cui prima conseguenza è un maremoto? Perché per raffreddare le centrali sono necessarie ingentissime quantità di acqua e l’acqua del mare non si paga, e questo fa aumentare i profitti, specialmente in un paese come il Giappone che non dispone di fiumi di grande importanza. Non importa se Fukushima è a soli 250 km. da Tokio, una città abitata da 35 milioni di persone impossibile da evacuare.
Perché non si è scelto di coprire con il “sarcofago” di cemento armato i reattori lesionati? Perché questo impedirebbe per sempre il loro funzionamento. I reattori costano molto e la perdita finanziaria sarebbe enorme. Ma questa soluzione, oltretutto, significherebbe ammettere che l’energia nucleare non solo non è sicura ma neppure a basso prezzo. E anche il sarcofago ha i suoi costi. Da 25 anni il reattore n. 4 di Chernobyl continua ad emettere radioattività sotto la sua coperta - ormai deteriorata - di cemento.
L’Europa e gli USA stanno cercando di raccogliere i 2.000 milioni di dollari che servirebbero a costruire un sarcofago permanente che contenga le radiazioni.

A questo va aggiunto il business delle scorie. Altra storia esemplare: il reattore 3 di Fukushima è quello che più preoccupa perché in esso si utilizza il MOX (ossido misto di uranio e plutonio) che, come ha ben spiegato il fisico dell’Università di Bologna Vincenzo Balzani nella trasmissione del 17 marzo di Annozero, è una mescola che si usa per il riciclo delle scorie radioattive. A Fukushima è stata l’impresa francese AREVA a fornire il MOX. Il processo è il seguente: il Giappone invia le sue scorie in Francia, AREVA le re-alimenta e le rispedisce in Giappone, che le utilizza in 3 o 4 centrali. Quanto guadagna AREVA per ogni trasporto di questo pericolosissimo materiale, tenuto conto che un milionesimo di grammo di plutonio è letale per l’uomo?
Chi controlla chi? Esempio: il Canada ha una grande industria nucleare, di proprietà statale, con 17 reattori che generano il 15% dell’elettricità del paese, e vende reattori a molti paesi, dalla Cina all’Argentina. La controlla la CNSC (la Commissione Canadese di Sicurezza Nucleare). “Nel 2008, quando la presidentessa della CNSC Linda Keen cercò di adeguare le norme canadesi agli standards internazionali, fu destituita dal governo” ha affermato l’analista nucleare di Greenpeace Canada Shawn P. Stensil. Keen voleva che si installassero generatori extra a gasolio in caso mancasse la corrente elettrica a seguito di un terremoto, esattamente come è successo a Fukushima.
Secondo la ONG Coalizione Canadese per la Responsabilità Nucleare, il problema è che “ci sono pochi esperti nucleari indipendenti nel mondo, Tutti lavorano per l’industria, o lo hanno fatto, ed ora fanno parte degli organismi di controllo. Non spiegano mai al pubblico che la radioattività non è qualcosa che si possa spegnere. Non dicono che anche quando si chiude un reattore questo continua a produrre enormi quantità di calore che va eliminato per impedire la fusione del combustibile”.

Cinquanta eroi. Così, un po’ romanticamente, i media hanno battezzato i lavoratori che cercano di riparare la centrale. In realtà sono circa 400 e finora, come essi stessi hanno denunciato, lavorano in condizioni pesantissime: turni massacranti, cibo scarso, acqua razionata, protezioni insufficienti. A tutt’oggi 20 di loro sono in ospedale, 3 molto gravi per essere stati contaminati dall’acqua radioattiva in cui lavoravano con semplici stivali di gomma. “In tutto il Giappone ci sono 70.000 lavoratori nelle centrali nucleari: 63.000 sono precari con contratti a tempo o mensili per effettuare lavori di manutenzione o di emergenza. Guadagnano al massimo 90 euro al giorno.”. “”Si tratta di lavoratori che provengono originariamente dai ghetti di Sanya a Tokio e Kamagasaki a Osaka, senza particolari specializzazioni, che nel corso degli anni sono diventati, pagando il prezzo della contaminazione, degli esperti. Rappresentano quasi il 90% della forza lavoro e vengono pagati, in fin dei conti, per essere contaminati.” (v. Il Manifesto, 27.3.2011, pag. 5).
L’altra eredità di Fukushima è la caducità delle centrali. Ora gli esperti parlano di 20/30 anni di vita media per gli impianti, cosa che obbliga a rifare tutti i conti sulla loro sostenibilità economica. Ai costi di costruzione e di mantenimento vanno aggiunti quelli dell’eventuale smantellamento. E costa molto di più smantellarle che costruirle.

Allora, se le centrali nucleari non sono sicure, non sono economiche, se le loro scorie sono praticamente eterne, se l’uranio, come altri combustibili fossili tipo il petrolio, non abbonderà sempre, perché puntare sull’energia atomica? Lasciamo la risposta al fisico Emilio del Giudice (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare di Milano): “Perché l’energia nucleare è anche militare e allora, dato che le società non democratiche si basano sulla violenza e quelle ‘democratiche’ sulla truffa e sull’inganno, bisogna convincere la gente che lo Stato opera per fini buoni, non si prepara per la guerra; e se la fa, è solo in risposta ad un’aggressione esterna. L’energia nucleare civile è un modo per nascondere quella militare e perché sembri che i nostri bilanci della difesa sono bassi perché una parte delle spese di difesa militare vengono imputate ai bilanci di altri ministeri”. E aggiunge: “Non è vero che l’energia nucleare costi meno. L’energia nucleare francese si vende a basso costo perché è il sottoprodotto di una produzione militare”.
Il fantasma di una nuova Chernobyl ha già colpito: in Germania (dove ci sono 17 centrali nucleari) la CDU di Angela Merkel ha perso sonoramente le elezioni a favore dei Verdi. La Francia, con le sue 58 centrali nucleari che forniscono circa il 76,20% dell’energia elettrica (in Giappone la percentuale dell’elettricità prodotta dalle centrali nucleari è il 20,90%), è il paese che più soffrirà per la paura dei suoi cittadini che si possa verificare un disastro. Forse anche questo spiega il ruolo del governo francese nell’aggressione alla Libia: bisogna assicurarsi, nel più breve tempo possibile, un’altra fonte di energia.

“Al capitale fa orrore l’assenza di profitto. Quando annusa un profitto ragionevole si inorgoglisce. Al 20% si entusiasma. Al 50% è temerario. Al 100% spazza via tutte le leggi umane e al 300% non si ferma davanti ad alcun crimine” scriveva Karl Marx.
Quasi 100 anni fa Rosa Luxemburg avvertiva: “Socialismo o barbarie”. Il capitalismo, la logica del profitto che ha prodotto Fukushima ci fa capire che non più di barbarie si tratta, ma della pura e semplice distruzione del nostro mondo e della scomparsa di tutti gli esseri viventi.

Daniela Trollio

2 aprile 2011

fonte: Sotto le bandiere del marxismo

Portavoz - Escribo Rap con R de Revolución


19.3.13

Recensioni: Graziano Giusti "La rivoluzione dal basso"

Ha ragione Graziano Giusti, autore del libro La rivoluzione dal basso. Dagli IWW ai Comunisti dei Consigli (1905-1923). Gli Industrial Workers of the World (IWW) ed i Consiliaristi sono stati tra i più importanti movimenti rivoluzionari che si siano espressi nei punti alti dello sviluppo capitalistico. “Liquidarli perché sconfitti, o abbandonarli all’oblio, è ingiusto e colpevole”. Invero, queste esperienze, pur collocate in un tempo non vicinissimo, possono ancora suscitare riflessioni utili. Tuttavia, continuano ad essere poco conosciute in Italia. E ciò non si deve solo all’ovvio oscuramento attuato dai filoni culturali maggioritari della sinistra nostrana. Queste esperienze sono state largamente trascurate anche da quei settori che si sono posti in alternativa al movimento operaio ufficiale, egemonizzato dall’impostazione togliattiana.

Ancora oggi, presso molti “eretici” continua a prevalere l’interesse per la stagione conflittuale snodatasi tra la fine degli anni ’60 e quella dei ’70, quel “lungo ‘68” italiano che, in effetti, non ha riscontri altrove.
Indagare su quella fase è senz’altro proficuo, soprattutto laddove si privilegi la ricognizione della sovversione diffusa, lo studio di tutti quei comportamenti di massa che ponevano in modo chiaro l’istanza dell’autonomia di classe. Ma quest’interesse non può essere esclusivo, né andare a discapito dell’approfondimento di fasi storiche più lontane, ma decisive. La ridefinizione di un’identità e di una progettualità rivoluzionarie, adeguate ad un momento tumultuoso come l’attuale, segnato dalla più grave crisi che il capitalismo abbia mai conosciuto, necessita anche di altri riferimenti.
Tra questi, non possono mancare gli IWW ed i Comunisti dei Consigli. Si pensi ai primi: nascono nel 1905 in quegli Stati Uniti che, proprio a cavallo tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX, in virtù di uno sviluppo economico impetuoso, pongono le basi del proprio primato mondiale. In questo contesto, gli IWW danno vita ad una originale e audace esperienza sindacale, contraddistinta dal rifiuto del verticismo e, soprattutto, dalla centralità dell’azione diretta. Quest’ultimo carattere, prima ancora che a un’ideologia sembra rispondere alle peculiarità di un quadro sociale diverso da quello dei grandi paesi europei, perché segnato da un conflitto di classe che si esprime nei modi più duri, senza essere mitigato da veri e propri luoghi di mediazione. Svolgendo un lavoro capillare – e rivelando da subito una notevole presa sugli strati inferiori della classe proletaria – gli IWW hanno saputo convogliare verso un unico percorso di emancipazione masse dalle provenienze più disparate, ponendosi come punto di riferimento fondamentale per i lavoratori immigrati di prima e seconda generazione, soprattutto negli Stati dell’est.
Si può dunque affermare che, in una società fortemente segregante come quella statunitense, che induceva le diverse comunità a chiudersi in sé stesse, gli IWW abbiano compiuto un “miracolo” politico-organizzativo. Il fatto che siano stati sconfitti, a causa di carenze progettuali e della spietata azione repressiva del potente apparato statale americano, non toglie nulla, quindi, al valore di esempio della loro esperienza.
Anche i Consiliaristi hanno agito in una situazione estrema: nella Germania del primo dopoguerra si sono scontrati con l’organizzazione responsabile della morte di Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht. Ossia, l'SPD, partito capace – come pochi altri, a livello continentale - di “disciplinare” le masse operaie e di indirizzarne gli sforzi verso conquiste graduali. Di fronte ad un movimento operaio così “istituzionalizzato”, i Consiliaristi hanno sviluppato una teoria ed una prassi inedite. Rifiutando la concezione, dovuta a Kautsky, del partito portatore dall’esterno della coscienza ad un proletariato del tutto passivo, essi sono giunti a relativizzare il ruolo dell’organizzazione politica classica, per concentrarsi sui consigli operai. Cioè su organismi profondamente differenti dal parlamento borghese, perché non basati “sull’individuo preso nella sua qualità di cittadino…”, ma sull’”uomo veramente concreto”che è “un lavoratore” (Anton Pannekoek, citato da Giusti).
I Consigli, in sostanza, sono i luoghi dell’espressione delle spinte reali della classe proletaria, basati su meccanismi (come la revocabilità dei rappresentanti) tali da impedirne l’irrigidimento burocratico. Nello stesso tempo, sono gli organismi cardine di un processo rivoluzionario che non si pone l’obiettivo di sostituire la borghesia alla guida della macchina statale, puntando invece ad avviare quell'opera di trasformazione sociale che culminerà nell’estinzione dello Stato stesso.
Alla base di questa impostazione, che ha suscitato diverse critiche, vi è una grande fiducia nelle capacità di autoemancipazione del proletariato. Non a caso, dopo la fine della fase rivoluzionaria in Germania, alcuni teorici consiliaristi radicalizzarono il loro discorso, definendo una vera e propria teoria dell’autorganizzazione: di certo la più organica che si sia mai avuta, nonostante alcuni punti irrisolti (legati al modo sbrigativo con cui fu liquidato il problema del partito).
Oggi, rievocare le vicende degli IWW e dei Consiliaristi – sulla base di un testo, quello di Graziano Giusti, che coniuga rigore scientifico e passione militante – può aprire orizzonti di discussione inaspettati.
Mai come in questi anni, in Italia, siamo stati posti dinanzi ad una delle questioni affrontate dagli IWW: la necessità di unificare un proletariato multietnico. Un’opera davvero urgente, tanto più in un fase in cui proprio gli immigrati sono protagonisti di alcuni tra i più notevoli momenti di conflitto di classe che si verificano nel paese: episodi che, pur nella dimensione locale (i braccianti in Puglia, i lavoratori delle cooperative della logistica in Lombardia), hanno evidenti implicazioni generali, così da porre con vigore la necessità di costruire un’autentica istanza di coordinamento delle lotte su scala nazionale.
Nello stesso tempo, la bancarotta ormai totale delle organizzazioni della sinistra alternativa, disegna uno scenario nuovo, caratterizzato da un vuoto. Che non può essere colmato né con i mantra sul partito qui è subito, né con l’ennesimo (e grottesco) tentativo di “rifondare” quanto è rovinosamente fallito. Per non dire dell’improduttività di quei generici discorsi delle aree antagoniste che hanno in parte svilito lo stesso concetto di autorganizzazione.
Occorre ripensare tutte quelle esperienze in cui s’è effettivamente data l’organizzazione dal basso dei proletari, al di fuori di quel rapporto fra capi e masse gregarie che ha spesso imperversato nella storia del movimento operaio.
Dunque, è notevole la portata degli stimoli e dei suggerimenti che possiamo ricavare dalla rilettura di vicende in apparenza lontane. E il confronto con l’opera di Graziano Giusti può essere un primo passo in quel lungo e necessario percorso che va compiuto per ridefinire la progettualità comunista. 
 

All Power to the People (3)


Appello alla solidarietà in vista dello sciopero della logistica del 22 marzo – Mercoledì ore 21 assemblea al csa Vittoria

Ci avviciniamo allo sciopero della logistica indetto per Venerdì 22 marzo. Come da tempo non succedeva i lavoratori in maniera autonoma stanno costruendo un sciopero reale , per opporsi alla piattaforma di rinnovo del ccnl proposta da padroni e CGIL-CISL-UIL.
Come sempre accade quando i lavoratori esprimono protagonismo e voglia di lottare, le iniziative , le assemblee e i momenti di preparazione della giornata di sciopero non si riescono a contare e a seguire tutti.
Ogni città si sta preparando ad affrontare al meglio lo sciopero di Venerdì.
Sotto pubblichiamo gli appuntamenti e gli aggiornamenti per l’area di Milano e provincia:

LE RAGIONI DELLO SCIOPERO : INTERVISTA A ALDO MILANI (si Cobas)


Appello alla solidarietà in vista dello sciopero della logistica del 22 marzo


Dopo 5 anni di battaglie negli impianti della logistica, contro lo sfruttamento e il caporalato, per affermare salari dignitosi e dignità di classe.
per la prima volta i facchini organizzati nei sindacati indipendenti SI.Cobas e ADL, decidono di proclamare uno sciopero a livello inter-regionale. Le assemblee territoriali del 3 marzo e la successiva costituzione di un comitato di sciopero inter-regionale hanno così deciso di aprire la battaglia a livello nazionale per contrastare le proposte padronali di rinnovo del CCNL di categoria e lottare per nuovi e significativi diritti sul piano economico e politico (vedi allegati)

La giornata del 22 marzo persegue il chiaro intento di sviluppare un momento di conflitto reale, finalizzato a colpire concretamente il padronato nel suo interesse economico e di dare prova tangibile delle potenzialità di un movimento di lotta che ha le sue radici nelle condizioni reali di sfruttamento della classe operaia, in particolare immigrata

Mai come ora è necessario quindi uno schieramento politico e militante all’altezza degli obiettivi posti sul tappeto che, lungi dall’essere puramente sindacali riguardano invece la possibilità concreta di dare linfa alla prospettiva del conflitto di classe in questo paese e meritano il più ampio e convinto sostegno possibile.
La riunione di mercoledì prossimo ha come obiettivo fondamentale quello di definire un’adeguata distribuzione delle forze davanti ai cancelli delle diverse fabbriche che saranno coinvolte dallo sciopero.

In quella giornata ogni compagno/a sarà assolutamente prezioso

mercoledì 20 marzo ore 21 presso il CSA Vittoria

organizzano il SiCobas e il Coodinamento di sostegno alle lotte dei lavoratori delle cooperative

Le tre assemblee di domenica 17 marzo, ispettivamente a Melegnano, Lodi e Milano confermano la crescita del movimento verso lo sciopero del 22 marzo
Altri 170 operai, rispetto a quanti si erano già riuniti il 3 marzo, hanno così potuto entrare nel merito dei problemi generali (il rinnovo del CCNL) e specifici (come costruire l’unità di lotta nel proprio magazzino)
Ne è emerso, nei fatti, un’articolazione politico-pratica della giornata di lotta del 22 marzo superiore alle previsioni fin qui sviluppate
Per i dettagli del piano di battaglia necessario e delle indicazioni operative che ne conseguono, demandiamo alla riunione di coordinamento del 20 marzo che si terrà al CSA Vittoria alle 21

SI.Cobas Milano e Lodi

fonte: Collettivo La Sciloria

18.3.13

La Comune di Parigi - 18 marzo 1871 - 21 maggio 1871

La Comune di Parigi, è il governo rivoluzionario popolare e operaio istituito dal popolo parigino nella capitale francese a seguito della rivoluzione scoppiata il 18 marzo 1871 dopo la sconfitta francese a Sédan, si colloca in una situazione di ampi mutamenti nella storia d'Europa, era la cosidetta "svolta dell'anno '70", caratterizzata in particolare dalla guerra franco/prussiana, con il crollo dell'impero di Napoleone III e la costituzione di quello tedesco, dall'annessione di Roma al regno d'Italia e dalla trasformazione del principio di nazionalità in nazionalismo.

Il 2 settembre 1870 l'imperatore Napoleone III, sconfitto nella battaglia di Sedan si arrese ai prussiani; due giorni dopo i repubblicani di Parigi con una rivoluzione incruenta proclamarono la nascita della Terza Repubblica, resistendo al nemico sino al gennaio del 1871, quando la capitale fu costretta a capitolare dopo un assedio di quattro mesi.
Entro l'assemblea nazionale, la maggioranza dei delegati (per lo più monarchici) era disposta ad accettare i termini del trattato di pace imposti dal primo ministro prussiano Otto von Bismarck, considerati invece umilianti da repubblicani e socialisti radicali, decisi a riprendere le armi.
Il timore della restaurazione della monarchia dopo la sconfitta favorì pertanto la costituzione a Parigi di un governo rivoluzionario: il 17 e il 18 marzo il popolo parigino organizzò un'insurrezione contro il governo nazionale, instaurando un governo del popolo, presediuto da un Comitato centrale della guardia nazionale, che inizialmente non ebbe, o perlomeno non ebbe prevalentemente, un carattere Socialista, e fissando per il 26 marzo le elezioni di un Consiglio municipale, noto con il nome di "Comune di Parigi" (i membri del Consiglio furono chiamati "comunardi").
I settanta membri della Comune appartenevano a diverse correnti politiche: la maggioranza era costituita da giacobini, altri erano seguaci del rivoluzionario Louis-Auguste Blanqui, altri ancora erano rivoluzionari indipendenti, o radicali. La minoranza era invece composta da seguaci di Pierre-Joseph Proudhon, membri della sezione francese dell'Associazione internazionale dei lavoratori.
Il 26 marzo 1871 la componente Socialista del Comitato centrale della guardia nazionale ebbe però il sopravvento su quella borghese conservatrice-repubblicana, favorevole a un'intesa col Thiers (capo delle forze"repubblicane" conservatrici attestate a Versailles), e così, per la prima volta nella storia, si verificò e realizzò una concreta presa di potere da parte del proletariato con l'instaurazione di un regime proletario.
Tuttavia, stretta nella morsa della guerra civile, assediata sempre più da vicino dall'esercito del Thiers:
La Comune non potè attuare il suo programma socialista se non in misura minima, e alla fine, l'esperimento proletario fu soffocato nel sangue, nei suoi pochi giorni di vita la Comune propose misure a beneficio dei lavoratori e votò provvedimenti quali la separazione della Chiesa dallo stato e la socializzazione delle fabbriche abbandonate dagli imprenditori. Tali misure però non entrarono in realtà mai in vigore, in parte per le frizioni che ben presto emersero tra le varie componenti della Comune, ma anzitutto per l'intervento dell'esercito regolare ordinato dall'assemblea nazionale. Per sei settimane a partire dal 2 aprile, Parigi fu bombardata dalle forze governative; le sue difese furono piegate all'inizio di maggio.

Dopo circa un mese di assedio, il 21 maggio 1871 le truppe guidate dal Thiers entrarono in Parigi, dando inizio alla tristemente famosa "settimana di sangue" che con grande crudeltà la reazione borghese portò a compimento, culminando l'azione di cruenta repressione (21-28 maggio) con l'esucuzione di 20.000 Patrioti Comunardi e l'arresto di altri 38.000, di cui migliaia furono poi deportati nella Nuova Caledonia.
 

17.3.13

Con Dax nel cuore – corteo a Milano

Sabato pomeriggio 16 marzo, anniversario dell’uccisione di Dax per mano fascista, con la connivenza dello Stato, si é snodato per le vie di Milano un lungo e combattivo corteo di molte realtà antagoniste confluite in città per l’occasione. Diecimila persone hanno sfilato per più di 3 ore verso il centro della città, con in testa i movimenti di lotta per la casa (di cui Dax faceva parte) che hanno concluso il corteo occupando delle case popolari, contro l’emergenza abitativa.
I compagni, per nulla intimoriti dal notevole dispiegamento di polizia e carabinieri, hanno espresso tutta la loro rabbia e la volontà di reagire contro questa società di sfruttamento ed oppressione. Le nostre motivazioni sono le stesse che animavano Dax e che per le quali é stato ucciso.
Ma il capitalismo, con le sue crisi, guerre, distruzioni sociali e umane, produce continuamente nuove e fresche energie politiche, nuovi compagni che non ci stanno a subire un futuro sempre più precario per ingrassare sempre i soliti padroni ed i parassiti che li sostengono. Per questo.” Ucciso un compagno, ne nascono altri cento“. Per questo il comunismo é invincibile.
Come “Comunisti per l’Organizzazione di Classe”, che opera per raccogliere, organizzare e indirizzare politicamente i comunisti dentro le lotte reali del proletariato, siamo stati presenti alla manifestazione, raccogliendo realtà del nord, centro e sud Italia dietro la parola d’ordine: ” Antifascismo é anticapitalismo”, riprendendo lo slogan che ha caratterizzato tutta la manifestazione.
E’ un passo pratico che riteniamo importante in vista di una accellerazione necessaria e ineludibile dei nostri contatti e del nostro lavoro.
Al lavoro ed alla lotta compagni!

Comunisti per l’Organizzazione di Classe

fonte: Combat-coc.org

12.3.13

Assemblea in Louisiana

 
Nel corso del viaggio [1912], attraversai il Tennessee, il Kentucky, le regioni meridionali dell'Ohio e dell'Indiana, fino a Chicago. A Chicago, presi accordi per dirigermi a Sud, nella Louisiana, nell'Arkansas e nel Texas, e incontrarmi con i boscaioli di quegli stati; in quei giorni la Timber Worker's Union stava tenendo un'assemblea ad Alexandria, in Louisiana. Sapevo che i taglialegna e gli operai di fabbrica di quella regione erano sia Bianchi che Neri, e quando arrivai alla sala delle riunioni di Alexandria, fui sorpreso nel non vedere alcun Nero tra i convenuti. Quando chiesi la ragione, mi spiegarono che in Louisiana c'era una legge che proibiva riunioni comuni di Bianchi e Neri, e così i lavoratori di colore si erano riuniti in un'altra sala. Dissi all'uditorio: << Lavorate insieme nelle stesse fabbriche. A volte, un Nero ed un Bianco abbattono insieme lo stesso albero. Vi riunite ora in un'assemblea per discutere delle condizioni in cui lavorare. Ma come ci si può riunire in modo serio, votando mozioni qui e poi facendole avere all'altra sala, perchè i Neri ne prendano visione e agiscano di conseguenza?! Perché non ci rendiamo conto di ciò? Perché non chiamare i lavoratori neri qui, in questa assemblea? Se è contro la legge, bene, questa è una delle occasioni in cui la legge va infranta >>. Senza il benché minimo mormorio di disapprovazione da parte di nessuno, i lavoratori neri furono chiamati a partecipare ai lavori. L'assemblea mista andò avanti in modo ordinato, e quando si trattò di eleggere i delegati alla succcessiva assemblea degli IWW, furono scelti sia Bianchi che Neri.

                                                           Big Bill Haywood (autobiografia, ed. Iskra 1977)

Vecchie illusioni

Considerazioni sul programma del Movimento 5 Stelle

Il Movimento 5 Stelle ha un aspetto esteriore rivoluzionario. Respingendo ogni dietrologia, dalla semplice lettura del programma possiamo svelare il suo carattere borghese. Ritroviamo una serie di vecchie illusioni o banalità presentate come nuovissime scoperte rivoluzionarie. Qui ci limitiamo ad esaminare pochi punti.

“L’organizzazione attuale dello Stato è burocratica, sovradimensionata, costosa, inefficiente. Il Parlamento non rappresenta più i cittadini che non possono scegliere il candidato, ma solo il simbolo del partito. La Costituzione non è applicata. I partiti si sono sostituiti alla volontà popolare e sottratti al suo controllo e giudizio.”
Ciò non avviene per caso. Ad ogni stadio di sviluppo della produzione corrisponde una particolare società civile e le condizioni politiche sono l'espressione ufficiale della società civile. In altre parole, la progressiva degenerazione dello stato e la trasformazione della democrazia in una finzione completa riflettono, anche se non in modo meccanico, la crisi storica della società borghese. Un capitalismo vecchio, in cui la discesa del saggio di profitto spinge gli imprenditori a trovare altre vie, dall'esportazione dei capitali all'avventura finanziaria, è la serra ideale per la corruzione, per il proliferare delle sinecure e del parassitismo. Spiegare la disastrosa condizione dello stato con l'azione dei partiti e della cosiddetta casta vuol dire fermarsi alle apparenze.
Solo una società nuova può dare uno stato nuovo, efficiente, “a buon mercato”, sano. Una rivoluzione è dunque necessaria.
Un sistema economico-sociale sviluppa fino ai limiti possibili le forze produttive, poi entra in crisi, e allora tutte le conquiste ottenute rischiano di andare perdute, se non sopravviene una rivoluzione. All'ombra delle gilde e delle corporazioni, scrive Marx ad Annenkov, “si accumulava il capitale, si sviluppava il commercio transoceanico, si fondavano colonie. Ma i frutti di tutto ciò sarebbero stati in pericolo se gli uomini avessero tentato di conservare le stesse forme all'ombra delle quali questi frutti erano maturati. Di qui scoppiarono due tempeste: le rivoluzioni del 1640 e del 1688.”
Inutili i tentativi di ottenere risultati riformando ciò che è irriformabile:”...nel XVIII secolo alcune menti mediocri si davano da fare per trovare la vera formula che avrebbe portato l'equilibrio tra gli ordini sociali: re, nobiltà, parlamento, ecc. e un bel mattino si svegliarono per trovare che in realtà non esistevano più né re, né nobiltà, né parlamento. Il vero equilibrio in questo antagonismo fu il rovesciamento di tutti i rapporti sociali che servivano come base per queste esistenze feudali e i loro antagonismi”.(1)
Anche quando ci fu la restaurazione, non fu possibile, neppure ai più gretti reazionari, riportare in vita le vecchie condizioni.
Da tempo anche il sistema capitalistico ha esaurito ogni funzione progressiva, e diventa un peso crescente, non solo per i lavoratori salariati, i disoccupati, i diseredati, ma anche per il ceto medio, un tempo tanto coccolato, e persino per i piccoli e medi industriali, che sempre più frequentemente sono espulsi dal mercato. Si pensi, inoltre, al crescente peso fiscale. La società capitalistica ha esaurito il suo compito storico, almeno in occidente. La sua sopravvivenza porta solo a crescente sfruttamento, guerre, distruzione dell'ambiente, fame e miseria, mentre si riduce il numero dei pochi straricchi, gli unici ad averne vantaggi.
Ma il M5S non pensa di farla finita con la società capitalistica, non si propone di gettare questo stato tra le anticaglie; vuole riformarlo, e vuole rimettere sul piedistallo la costituzione borghese. Questo basta per classificarlo tra i movimenti conservatori.

“Insegnamento della Costituzione ed esame obbligatorio per ogni rappresentante pubblico”.
All'insegnamento della costituzione viene attribuita una funzione taumaturgica. La sua conoscenza avrebbe un effetto risanatore. Deputati e senatori, di destra e di “sinistra”, che votarono il finanziamento delle spedizioni militari, forse non conoscevano l'art 11 della costituzione? E Cossiga, che tanto spinse per far bombardare la Jugoslavia, o re Giorgio, che costrinse il nicchiante Berlusconi a far guerra alla Libia, forse avevano lacune nella loro formazione giuridica? Con un analogo criterio, insegnando il codice penale ai gangster, chissà che non si riesca a farne dei perfetti cittadini (o dei perfetti parlamentari)!

“Referendum sia abrogativi che propositivi senza quorum”.
In genere si considera il referendum lo strumento principe della democrazia diretta. Eppure in Svizzera, il paese dove questo istituto va per la maggiore, le donne hanno avuto il voto con enorme ritardo. Sempre in Svizzera, un referendum xenofobo ha visto una grande affermazione dell’estrema destra. Il 53% dei cittadini elvetici è risultato favorevole all'espulsione automatica degli stranieri che commettono reati gravi o truffano le mutue. Vengono messi sullo stesso piano il peggior criminale e la donna delle pulizie immigrata che non ha dichiarato alcune ore del suo lavoro e non ha pagato i contributi. E' possibile espellere esponenti della seconda generazione di immigrati, nati in Svizzera e che in molti casi non parlano neppure la lingua del paese d'origine dei genitori. Non è escluso l'invio verso paesi che praticano tortura e pena di morte.(2)
Se in Italia si introducessero i referendum propositivi senza quorum, cosa impedirebbe alla Lega di proporre norme xenofobe sull'esempio svizzero e di farle approvare approfittando del disinteresse e della disinformazione dei più?
Abbiamo già esempi di risultati assai negativi, col solo referendum abrogativo: quello del 1985, riguardante i tagli alla scala mobile. A decidere una questione riguardante essenzialmente i lavoratori furono chiamati celerini e suore, droghieri e proprietari terrieri, industriali e carabinieri. Fu il trionfo di Craxi e la sconfitta dei lavoratori.

“Vendita ad azionariato diffuso, con proprietà massima del 10%, di due canali televisivi pubblici”.
Eppure si sa che canali pubblici e privati fanno a gara di disinformazione.
L'azionariato diffuso è uno dei cavalli di battaglia più logori di tanti pretesi riformatori sociali. Esisteva già nell'Inghilterra dell'ottocento, quando fu introdotta l'azione da una sterlina, e contribuì a rinsaldare il capitalismo. Una variante è l'azionariato operaio, che non ha mai reso meno feroce il sistema di sfruttamento. Ha solo diffuso l'illusione di poter diventare tutti borghesi. L'operaio evita gli scioperi per non danneggiare se stesso in quanto azionista e rinforza le catene del proprio sfruttamento.
Quanto alla proprietà massima del 10%, non impedisce affatto il controllo di un'impresa: “Nel 1921 (John Davison Rockefeller junior) ricevette da suo padre il 10% della Equitable Trust Company, in seguito alla fusione di questa con la Chase National Bank (oggi JPMorgan Chase) il colosso originato era senza dubbio la più grande banca del mondo. Come conseguenza della fusione J.D. Jr. vide la propria quota scendere al 4%, rimanendo tuttavia l'azionista di maggioranza.”(3)

“Abolizione delle scatole cinesi in Borsa”.
“Introduzione di strutture di reale rappresentanza dei piccoli azionisti nelle società quotate”.
“Vietare gli incroci azionari tra sistema bancario e sistema industriale”.

Non è servita a nulla l'esperienza della legislazione antimonopolistica americana?
La Scherman Antitrust Act, la prima legge antitrust, votata dal Congresso americano nel 1890, fu applicata solo nel 1911 contro l'impero petrolifero creato dal magnate Johan Davison Rockefeller e contro l'American Tobacco Company. Nel 1911, infatti, la Corte Suprema degli Stati Uniti dichiarò illegale il monopolio di Rockefeller (che controllava il 64% del mercato) e ordinò la divisione della compagnia. Sorsero 34 compagnie separate. Questo non ha mai impedito gli accordi segreti, l'uso di uomini di paglia, la fissazione dei prezzi di oligopolio, la lotta con tutti i mezzi, anche quelli gangsteristici, contro i concorrenti, nonché un'influenza determinante sulla politica interna ed estera americana. Ed è buffo che i grillini prendano ancora sul serio la mitologia della lotta contro i monopoli, che in Italia era uno dei cavalli di battaglia di Togliatti e dei suoi successori. Contrapporre in modo assoluto monopolio e concorrenza significa ignorare che proprio la concorrenza, eliminando i concorrenti più deboli, genera il monopolio, che a sua volta riproduce la concorrenza su un piano più vasto. Parafrasando Marx, potremmo dire: Il vero equilibrio in questo antagonismo sarà il rovesciamento di tutti i rapporti sociali che servono come base per queste esistenze capitalistiche e i loro antagonismi”. Il superamento del capitalismo porterà quindi alla fine di concorrenza e monopolio.

Il programma dimostra una forte propensione verso le nuove tecniche e per il risparmio energetico. Ma in ciò non c'è nessuna garanzia. Abbiamo già parlato in altri articoli della speculazione per accaparrarsi terreni agricoli, che vengono dichiarati incolti al fine di costruire centrali eoliche o solari. E anche del forte incremento dei prezzi del mais da quando è stato utilizzato per la produzione di carburanti. La tecnica è un'arma a doppio taglio, può migliorare o peggiorare la nostra vita, e finché è guidata dalle esigenze del profitto non può avere alcuna funzione liberatoria. La liberazione può essere solo sociale, e presuppone la conquista del potere da parte dei lavoratori. Solo allora la tecnica, oggi usata per opprimere e terrorizzare (armi sempre più distruttive), per creare nuovi disoccupati, o per affamare (si pensi ai ricatti della Monsanto e consoci nei confronti dei contadini), potrà essere impiegata per eliminare le fame, lo sfruttamento, la penuria, l'oppressione.

Michele Basso


8 marzo 2013

Note
1) Karl Marx, “Lettera ad Annenkov”, 28 -12-1846.
2) Alessandro Verani, “Svizzera, il referendum xenofobo segna il trionfo dell’estrema destra”/www.ilfattoquotidiano.it/2010/11/29.
3) John Davison Rockefeller jr, Wikipedia.

Il programma del M5S si trova: http://www.beppegrillo.it/movimento/

fonte: Sotto le bandiere del marxismo