21.1.14

15 gennaio 1919: l’assassinio di Karl e Rosa

Il 15 gennaio 1919 i capi del Partito Comunista Tedesco (KPD), Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg, venivano arrestati ed assassinati a Berlino dagli sgherri del ministro degli interni Gustav Noske.

La loro morte era l’epilogo della rivoluzione tedesca, iniziata come rivolta contro le istituzioni imperiali e repressa nel sangue dal governo guidato dal socialdemocratico Friedrich Ebert. La socialdemocrazia tedesca (SPD) nei decenni precedenti era considerata in tutto il mondo il principale baluardo della causa dell’emancipazione della classe lavoratrice ed era il più forte ed influente partito socialista, un modello a cui si ispiravano i partiti socialisti di tutti i paesi. Era tuttavia minata al suo interno dalla malattia inguaribile dell’opportunismo piccolo borghese ma tale malattia, denunciata con vigore per prima proprio da Rosa Luxemburg, si manifestò in modo plateale agli occhi di tutto il mondo nel 1914 con il voto favorevole ai crediti di guerra che permettevano allo stato tedesco di finanziare una guerra che avrebbe causato milioni di morti. Con questa azione criminale la socialdemocrazia tradì platealmente i lavoratori tedeschi e di tutto il mondo che riponevano in essa la massima fiducia. Dopo questa infamia la SPD si schierò sempre a fianco degli sfruttatori e ancora oggi in Germania è uno dei principali bastioni della conservazione del sistema capitalistico. I socialdemocratici tedeschi andarono al potere in seguito alla rivolta dei marinai e degli operai tedeschi ma non vollero mettersi al servizio dell’emancipazione della classe operaia, al contrario, usarono la loro forza e la loro influenza sulle masse per mantenere l’ordine, vale a dire per sconfiggere la rivoluzione e permettere il mantenimento del capitalismo, tutto ciò in aperta e sfacciata collaborazione con i latifondisti, i grandi capitalisti e le gerarchie militari. Fedeli a questa missione repressero in maniera spietata i moti rivoluzionari degli operai e dei soldati che volevano farla finita con il capitalismo.

Karl e Rosa si erano battuti sin dall’inizio contro questo infame tradimento, pagando prima col carcere e poi con la vita la loro coerenza rivoluzionaria.

La lotta di Karl e Rosa contro il riformismo e il tradimento era stata una lotta a tutto campo: all’interno della SPD e poi con la Lega Spartaco e il KPD, sul piano teorico, infine sul piano militare che li ha purtroppo visti capitolare.

L’azione teorica di Rosa Luxemburg è ancora oggi un punto di riferimento ineludibile per il marxismo, che se ne accolgano o meno le tesi.

Fra le molte opere possiamo ricordare: Riforma sociale o rivoluzione?, con cui seppellisce le teorie economiche del revisionista Eduard Bernstein, modello politico di quel riformismo che poi la assassinerà (“È bastato che l’opportunismo parlasse per dimostrare che non aveva niente da dire”, questa la pungente conclusione del libro); Questioni di organizzazione della socialdemocrazia russa, con cui polemizza con Lenin sul modello di partito da adottare; La rivoluzione russa, dove critica la dirigenza bolscevica sulla gestione della dittatura del proletariato… ma ve ne sono molte altre.

La Lega Spartaco, che si prefiggeva di portare fino a in fondo la rivoluzione proletaria contro i dirigenti socialdemocratici che lavoravano per affossarla, era arrivata all’appuntamento con la storia ancora troppo debole, soprattutto rispetto a un partito opportunista come la SPD, ben organizzato e radicato in quella classe lavoratrice che ha poi tradito. Debolezza che ha pagato con la sconfitta militare e la repressione più brutale attuata dai paramilitari dei Freikorps.

Con la loro morte, “Karl e Rosa hanno compiuto il loro estremo dovere rivoluzionario”, come scriveva Leo Jogiches, dirigente di Spartaco, anche lui assassinato più tardi, in una lettera a Lenin. Di questo dovere erano ben coscienti, tanto che Rosa in una lettera a Sophie Liebknecht diceva: “…Lei lo sa, nonostante tutto io spero di morire sulla breccia: in una battaglia di strada o in carcere. Ma nella parte più intima, appartengo più alle mie cinciallegre che ai “compagni”….”.

Nella vita politica come nella morte, Karl e Rosa restano un esempio di coerenza e impegno per una società senza classi né nazioni.
 
Combat – Comunisti per l’Organizzazione di Classe

fonte: Combat-coc.org

20.1.14

No justice no peace: Kelly Thomas



Dopo due anni ancora non esiste nessun colpevoleper l'assassinio di Kelly Thomas, un senzatetto che viveva nella città di Fullerton in California.

Kelly Thomas, 37 anni, il 5 luglio del 2011 muore dopo le ferite provocate da un pestaggio da parte della polizia. 
I fatti in breve: a seguito di un controllo della polizia partito da una chiamata di qualcuno che aveva timore di vandalismi su alcune macchine parcheggiate ai bordi della strada, i 5 poliziotti giunti sul posto trovano Thomas Kelly . Lui oltre a "non collaborare" resiste ai controlli. Era risaputo da tutti nella zona che Thomas soffriva di disturbi mentali, cosa sicuramente nota anche alle forze dell'ordine. Immediatamente viene assalito dai cinque  con manganelli e taser.  Viene pestato brutalmente e preso a pugni. Quando il corpo insaguinato e privo di sensi arriva in ospedale, il referto dei medici dice che il viso presenta numerose fratture ossee, diverse costole incrinate e il torace è schiacciato. Quest'ultimo danno sarà quello che gli causerà i danni maggori fino alla morte:  a causa della compressione del torace l'ossigeno non  è arrivato  al cervello per un periodo troppo lungo. Dopo due giorni infatti Thomas muore.
I giorni successivi al pestaggio ci sono state numerose proteste al di fuori della stazione di polizia:  è stato il primo caso nel quale un ufficiale di polizia è rimasto coinvolto in un accusa di omicidio a causa della sua condotta in servizio.
Arriviamo ad oggi, gennaio 2014. In questi giorni familiari e amici che hanno aspettato per ben due anni una sentenza del tribunale di Santa Ana hanno appreso che il colpevole dell'assassinio di Thomas è nessuno. Così dice il verdetto dei giurati.
Sabato scorso ci sono state numerose manifestazioni di protesta  come due anni fa. La polizia ha arrestato 13 persone a manifestazione finita, l'ennesima beffa.
Tra rabbia. lacrime e dolore a Fullerton no justice no peace per Kelly Thomas.

13.1.14

Gennaio 2010 - Viva i «teppisti» della lotta di classe di Rosarno!

Sottoposti a condizioni di lavoro e di vita subumane, impegnati in agricoltura per 15-16 ore di lavoro con un salario di 20 euro il giorno decurtato di 5 euro a titolo di «tassa di soggiorno» dagli appaltatori di braccia nostrani, ammassati come bestie in una vecchia fabbrica in disuso e in un'altra struttura abbandonata, i proletari neri immigrati di Rosarno si sono infine ribellati all'ennesima aggressione: il ferimento di due extracomunitari da parte di persone non identificate con un'arma ad aria compressa e pallini da caccia, come si addice, per l'appunto a degli animali.

Richiamati in tutti quei luoghi ed in settori economici in cui è richiesta manodopera a buon mercato, i lavoratori - ed a maggior ragione quelli "migranti" ed "irregolari" - devono essere poi rapidamente espulsi dai territori che li hanno gentilmente ospitati quando la domanda di carne umana viene meno. E' precisamente quello che è accaduto in Calabria: "Rosarno non ha più bisogno di extracomunitari. Dal 2007 l'Europa assegna contributi all'agricoltura non sulla base del raccolto ma dell'estensione del terreno, si paga a ettari e non a chili, quindi non conviene più raccogliere le arance" (intervista ad Antonio Nicaso, 14.1.2010). I colpi d'arma da fuoco che hanno scatenato la collera dei lavoratori neri sono arrivati dunque al momento giusto ed hanno dato fuoco alla miccia. Se "nel dicembre del 2008 [...] gli extracomunitari avevano reagito all'aggressione a colpi di pistola da parte di un gruppo di ragazzi inscenando una manifestazione pacifica fino al Comune" (La Stampa, 8.1.2010), stavolta la misura era colma e le cose sono andate ben diversamente. I lavoratori hanno seguito finalmente il loro istinto di classe infrangendo le norme dei Codici civili e penali borghesi per dar vita ad una rivolta di strada rabbiosa e feroce. Non si sono preoccupati né della "pubblica opinione" né delle regole della "convivenza civile", e proprio per ciò si sono infine dimostrati degli uomini e non delle semplici braccia a disposizione del Capitale. "Armati di spranghe e bastoni, gli extracomunitari [...] hanno attraversato la cittadina distruggendo centinaia di auto, in qualche caso anche con persone a bordo [...], abitazioni, vasi e cassonetti dell'immondizia" (Corriere della Sera, 7.1.2010). "Distruggono tutto quello che trovano davanti, dai vasi di fiori alle vetrine dei negozi" (La Stampa, 8.1. 2010). Quello che giustamente preoccupa la borghesia ed i suoi pennivendoli e che a noi, al contrario, fa solo piacere, è non soltanto il soprassalto di umanità della carne nera schiavizzata, "la volontà di reagire che probabilmente covava da tempo nella colonia di lavoratori ammassati nella struttura di Rosarno in condizioni al limite del sopportabile", ma anche e soprattutto il fatto che la guerriglia urbana sia divampata "nonostante l'intervento di polizia e carabinieri schierati in assetto antisommossa" (Corriere della Sera, 7.1.2010). Subumana la reazione anti-immigrati dei cittadini di Rosarno, che non meritano neppure l'appellativo di "razzisti", ma semplicemente quello di schiavi del capitale reclutati in una lurida guerra tra poveri a maggior beneficio degli sfruttatori e dei profittatori [1] di qualunque razza e nazione. Il "razzismo" è un falso problema, è solo una comoda cortina fumogena messa in campo dal democratismo imperante per nascondere che il vero scontro, quello di cui i fatti di Rosarno sono solo l'inizio, è di classe e non certo di razza. A questo modo si devia l'attenzione dei proletari più sensibili su un problema inesistente, quello appunto del "razzismo" e della presunta necessità di lottare contro questo spaventapasseri assieme ai borghesi "illuminati" e timorati di quel Dio recentemente invocato dall'ex-nazista Ratzinger [2], a tutela della calpestata "dignità umana" degli extracomunitari [3]. Il razzismo, quello vero, poteva esistere solo prima del capitalismo. Quello che oggi viene etichettato come "razzismo" è solo un'ideologia confusa, contraddittoria e priva di qualsiasi coerenza e dignità. Se il "razzismo" sotto il cielo del capitale esistesse per davvero non avremmo avuto il bene di assistere allo spettacolo divertente di un Himmler antisemita prostrato ai banchieri ebrei Rotschild in piena seconda guerra mondiale, oppure a quello più recente di un Berlusconi, capo di un governo di cui fanno parte anche i bisonti bavosi della Lega Nord, sempre pronti a ringhiare alla luna contro i musulmani e contro i "marocchini" in genere, che si è improvvisato ilare amico e compagno di merende del "marocchino" Gheddafi. E non dubitiamo che i suddetti bisonti bavosi sarebbero pronti non solo a correre con la lingua penzoloni dietro il deretano "marocchino" di un qualsiasi emiro del Golfo Persico che facesse annusare loro odor di petrolio, ma anche a prestargli i loro servigi come mogli nel suo harem. Razzisti dei miei stivali. Nel 1896 a Zurigo toccò agli immigrati italiani di essere portati in salvo, proprio come i neri di Rosarno, dalle autorità elvetiche, che organizzarono dei treni speciali per sottrarli al pogrom scatenato dai bravi cittadini di quella città. "E altri gendarmi e altri treni avevano sottratto i nostri nonni, tre anni prima, ad Aigues Mortes, alla furia assassina dei francesi che accusavano i nostri, a stragrande maggioranza "padani", di rubare loro il lavoro".[4] Ma la collera nera di Rosarno ha avuto il merito di rammentare a tutti gli oppressi che la loro strada è fuori e contro lo Stato, fuori e contro la democrazia. Anche e soprattutto per questo secondo motivo Rosarno è il mondo.
 
Partito Comunista Internazionale

Bilbao, fiume in piena. In 130mila per i prigionieri politici baschi

Senza dubbio una manifestazione storica quella che si è svolta ieri nelle strade di Bilbao, la consueta manifestazione che si svolge ogni anno a favore dei diritti dei prigionieri politici baschi e per una risoluzione del conflitto.

Una marea umana che nel pomeriggio di ieri ha inondato Bilbao, un totale di 130mila persone circa che hanno ancora una volta dimostrato quanto la questione dei prigionieri e delle prigioniere politiche attualmente disperse nelle diverse carceri dello Stato spagnolo e francese, sia di fondamentale importanza nella fase politica attuale che si sta attraversando nei Paesi Baschi.

Circa 90mila sono le persone che hanno percorso il corteo con le bandiere che reclamavano il ritorno a casa dei propri cari, mentre altre 40mila persone circa hanno manifestato ai bordi del percorso, creando un immagine suggestiva di una Bilbao che strabocca di gente, tanto da impedire muoversi.Senza dubbio una manifestazione storica quella che si è svolta ieri nelle strade di Bilbao, la consueta manifestazione che si svolge ogni anno a favore dei diritti dei prigionieri politici baschi e per una risoluzione del conflitto. Una marea umana che nel pomeriggio di ieri ha inondato Bilbao, un totale di 130mila persone circa che hanno ancora una volta dimostrato quanto la questione dei prigionieri e delle prigioniere politiche attualmente disperse nelle diverse carceri dello Stato spagnolo e francese, sia di fondamentale importanza nella fase politica attuale che si sta attraversando nei Paesi Baschi.

Nonostante il divieto a maniferstare da parte del giudice Velasco, e dopo che associazioni di destra come “Dignitá e Giustizia”, AVT e di “Appoggio alle vittime del terrorismo” hanno inoltrato nei giorni scorsi una petizione per vietare la manifestazione, nella stessa giornata di ieri, a poche ore dall'inizio del corteo, il giudice dell'Audienza Nazionale Ismael Moreno ha risposto negativamente alla richiesta formulata. A prescindere da questo, la manifestazione di ieri già si annunciava massiccia e così è stata, rivelandosi la più grande mobilitazione degli ultimi 15 anni. Poco a poco, la marcia silenziosa che si faceva spazio tra la moltitudine di gente, si trasformò in una marcia rumorosa, con cori a favore dei prigionieri e prigioniere politiche, così come non mancarono le immagini delle gocce d'acqua, simbolo onnipresente nelle ultime settimane e rappresentativo del lemma “Goccia a goccia, siamo mare”. La manifestazione che come ogni anno confluisce davanti al Municipio della città, è stata accolta da migliaia di persone che si trovavano lì ad aspettare l'arrivo del corteo che fu costretto a occupare le vie limitrofe per mancanza di spazio, in un incessante e emozionante pronunciamento di cori a favore dei prigionieri e delle prigioniere.

A pochi giorni dall'ultimo comunicato del collettivo dei prigionieri politici baschi (EPPK) e dalla retata che ha coinvolto 8 avvocati appartenenti al gruppo di contatto con i prigionieri baschi, la manifestazione di ieri è stato un altro passo importante e significativo nell'appoggio a chi si trova a scontare pene interminabili all'interno delle carceri spagnole e francesi. E a determinare ancor di più il peso della questione, i numerosi cori che reclamavano a gran voce l'amnistia, indipendenza e libertà. 
 
fonte: Infoaut

9.1.14

Arrestati 3 bambini della comunità Mapuche a Curacautín

Nove bambini, tra cui un bambino di soli tre anni, sono stati arrestati dalla polizia e costretti a lasciare la tenuta di Santa Filomena nei pressi della città di Caracautin. Per i leader della zona, quest'episodio è stato "unico e senza precedenti nel contesto della sistematica repressione poliziesca contro il popolo mapuche".

La comunità mapuche di Caracautin ha riferito che la mattina dell'8 gennaio un centinaio di uomini delle forze speciali di polizia hanno sgomberato la tenuta di Filomena recuperata tre giorni fa dalla comunità Liempi Colipi, vicino a Caracautin.

I capi della comunità hanno inviato un appello urgente all'opinione pubblica, alle agenzie di protezione dell'infanzia e dei diritti umani affinchè si riporti quanto avvenuto nella zona la loro presenza.

La tenuta rivendicata dai Mapuche è composta da 600 ettari, i quali "rimangono sotto occupazione permanente dai loro legittimi proprietari", secondo quanto espresso dai rappresentanti della comunità.