12.3.13

Lo Stato garantisce la latitanza per i due marò

I due marò italiani, sotto processo per la morte di due pescatori indiani, rimarranno in Italia dopo essere rientrati attraverso un secondo permesso -di quattro settimane- per votare alle elezioni politiche del 25 e 26 febbraio scorso. Ad annunciarlo con una nota, il ministro degli Esteri Terzi. La comunicazione è stata fatta nella giornata di oggi dall'ambasciatore italiano a Nuova Delhi, portavoce dell'intesa tra i ministeri della Difesa e della Giustizia e in coordinamento con la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Una mossa furbescamente messa in atto dopo che il governo indiano aveva avviato a Nuova Delhi le procedure per la costituzione di un tribunale speciale chiamato ad esaminare la questione della competenza giurisdizionale sull'incidente.

Se la vicenda non avesse del drammatico alle spalle, ovvero l'omicidio di due pescatori indiani di cui i due marò sono responsabili, potrebbe sembrare una barzelletta, ma i fatti parlano chiaro e dimostrano come dietro a questa, non solo si è palesato sin da subito un vittimismo nazionale strisciante alimentato dalla produzione di luoghi comuni, ma come venga garantita una onnicomprensiva protezione con un'arroganza tale che solo una ripugnante difesa delle forze armate può dimostrare.

E mentre i sorrisi beffardi vengono sfoggiati dal Ministro Terzi e compagnia, dai due marò (che si dicono “felici” di tornare al loro lavoro) e dai rispettivi familiari, ancora una volta vince la legge dell'impunità, un privilegio che continua ad essere concesso a chi indossa una divisa, che non solo elargisce la licenza di uccidere, ma garantisce una tutela completa e incondizionata. D'altronde, le due persone ammazzate dai due fucilieri nel febbraio del 2012 erano solo dei pescatori e neanche italiani.
 
fonte: Infoaut.org

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