8.5.13

Malcolm x

 
Sono pochi coloro che, nel tempo di una breve vita, arrivano ad una conoscenza luminosa passando attraverso persecuzioni e violenza, ma fu proprio così che andò per Malcom Little, i cui anni furono una miscela esplosiva di situazioni estreme e rigore morale. Figlio di un pastore battista ucciso dai razzisti quando Malcom ha sei anni, finisce in riformatorio ancora adolescente e, una volta tornato in libertà, gira da una città all’altra d’America per poi approdare tra gli spacciatori di droga dei bassifondi.
A 23 anni viene incarcerato nella colonia penale di Norfolk, dove avviene la sua trasformazione ed inizia il suo cammino politico. Malcom rimane affascinato dalle teorie sul separatismo autosufficiente dei neri dai bianchi ed entra nella Nation of Islam mentre è ancora in carcere e, quando torna libero, diviene allievo del fondatore del movimento, Mohammad Elijah.
Abbandonato il nome di famiglia per divenire semplicemente Malcom X, si trasforma in un infaticabile predicatore e fa del NOI un gruppo dinamico di musulmani organizzati rigidamente. Nei primi tempi, gli interventi politici del giovane ministro sono soprattutto un opera di proselitismo, che riesce a far salire vertiginosamente il numero degli aderenti al NOI.
I rapporti con il movimento iniziano ad incrinarsi quando Malcom X scopre che Elijah ha una doppia vita, molto diversa da quella ostentata in pubblico, e una visione politica che non ha nulla a che vedere con le nuove prospettive delineatesi all’orizzonte. Il divario si amplia quando manifesta la sua intenzione di sposare Betty Shabbaz, rinunciando così al voto di castità fatto otto anni prima. Nel 1958, il leader nero inizia ad opporsi con maggior decisione allo sfruttamento dei neri e parla diffusamente dei problemi delle classi operaie con Fidel Castro, durante un incontro che avviene all’Hotel Theresa di New York.
Nei due anni successivi, Malcom X si sposta su posizioni più ferme, anche se il suo animo è ancora legato al NOI. Continua nella sua ricerca di una sintesi che unisca il razionalismo al socialismo rivoluzionario afroamericano anche quando la pubblicistica bianca cerca di screditarlo o di contrapporlo al moderato Martin Luther King. L’unica paura che l’opprime è che gli sconosciuti che gli inviano continue minacce di morte facciano del male a Betty e alle tre figlie nate nel frattempo.
Il viaggio alla Mecca coincide con una nuova fase di allargamento della prospettiva politica di Malcom X, che spera di collocare la lotta dei neri nel contesto teorico e culturale di tutti i popoli. Quando torna in America, scampa per miracolo ad un attentato e, in quell’occasione, riceve la solidarietà di Che Guevara, che lo considera un esponente dell’internazionalismo socialista e segue i suoi sforzi per l’affrancamento dei neri americani dalla supremazia bianca.
Nel 1963, Malcom rompe con il NOI, che non approva alcune sue critiche alle politiche di John Kennedy, che è appena stato assassinato. Quando torna a parlare in pubblico, pronuncia il suo discorso più famoso, “La Scheda o il Fucile”, in cui denuncia l’ostruzionismo nei confronti della sua gente, accusa i bianchi di essersi accaparrati il potere economico e prende una distanza netta dalle teorie moderate dei predicatori del Sud. Nei ghetti urbani, i giovani non trovano materia di identificazione con Martin Luther King e guardano a Malcom come l’unico vero leader capace di portare le loro comunità fuori dalla miseria.
Il 21 febbraio 1965 Malcom viene invitato a tenere una conferenza ad Harlem, ma non ha neppure il tempo di iniziare a parlare. Davanti ad un’inorridita Betty, che è in attesa del quinto figlio, e delle quattro bambine terrorizzate, l'ultima delle quali ha solo un anno, due uomini iniziano a sparare verso il palco con fucili e pistole senza che gli uomini della scorta possano intervenire. Mentre Malcom, colpito da 16 proiettili, si accascia al suolo, i due sparatori, Thomas Hagan e Reuben Hayden, si fanno largo tra la folla con le armi in pugno. La vista dei rivoli di sangue che colano dal palco dove il si trova ancora il corpo del leader nero trasformano Betty in una statua di sale, ma non si abbandona a scene scomposte per non impaurire ancora di più le figlie. Il suo dolore esplode soltanto nella saletta dalle pareti color celeste chiaro nella quale le comunicano ufficialmente la morte del marito.
I funerali di Malcom X si celebrano il 27 febbario 1965 ad Harlem e, con parole piene di tenerezza, l’attore Ossie Davis saluta l’amico davanti a più di mille persone. Venti giorni dopo l’inizio del processo ai presunti assassini del marito, Betty Shabbaz dà alle luce Malika e Maalak, le ultime due bambine, destinate a non conoscere mai il padre.
La vedova di Malcom X non ha mai ceduto alla tentazione di diventare un personaggio pubblico ma, nel 1995, accusa Louis Farrakhan, esponente di rilievo del NOI di essere il mandante della morte del marito. Due anni dopo, una delle sue figlie, Quilah, viene accusata di tentato omicidio nei confronti di Farrakan e le viene tolta la patria podestà del figlio di 12 anni, che si chiama Malcom, come il nonno. Il ragazzo ha assorbito il disagio esistenziale della madre e, senza un motivo, appicca il fuoco alla casa dove vive e Betty, che ha riportato ustioni di terzo grado su tutto il corpo, muore dopo quattro giorni di intensa sofferenza. 

L'eredità di Malcolm raccolta dalle Black Panthers

Malcom X non ebbe solo il merito di aver richiamato l’attenzione dei media sulle condizioni dei neri, ma anche quello di aver separato il cuore dalla ragione nella lotta politica. Per le black communities fu una lezione essenziale, dopo la delusione delle marce per i diritti civili. Malcom X aveva conosciuto gli aspetti più feroci della vita e incitava la sua gente a non pregiudicare la loro lotta con atteggiamenti disfattisti.
Tra coloro che ascoltarono il suo messaggio e ne raccolsero l'eredità ci furono Huey P. Newton, Bobby Seals ed Eldrige Cleaver, che fondarono il Black Panthers Party, mescolando al pensiero del leader nero le teorie marxiste. Più tardi, si unì a loro anche Bobby Hutton, che morirà quasi subito in un agguato teso dalla polizia.
Il Black Panthers Party fu certamente una delle organizzazioni più importanti della storia afro americana. Per quattro o cinque anni, il movimento infiammò le tutte le città d’America, poi cominciò la persecuzione, che si iscrisse in un complesso di azioni repressive. L’FBI istituì un vasto reclutamento di infiltrati, organizzato e diretto direttamente da Edgar Hoover, capo dell'agenzia federale, uomo dalla mente complessa, legato al Klan. Il movimento era passato da microformazione a organizzazione internazionale e Hoover lo considerava una minaccia da estirpare.
Per annullarlo, non perse occasione di sfruttare i conflitti fra i militanti, per la verità già presenti da tempo. Nel 1968, gli uffici preposti al controllo del dissenso nero dell’FBI aumentarono di 19 unità. Il loro compito era quello di disgregare e screditare i membri dell’organizzazione e lo assolsero in pieno.
Ma se, all'atto pratico, i Panthers vennero sconfitti, è anche vero che, dopo la fine, entrarono come mito nell'immaginario collettivo.
A sconfiggere definitivamente la voglia di riscatto degli afro americani ci pensò la guerra alla droga di Reagan, che raggiunse una vera e propria isteria. Si trattava però di un paravento mistificatorio, perché il vero scopo era quello di agevolare il flusso di quintali di droga allo scopo di incarcerare liberamente le minoranze. Una volta tradotti in carcere, neri e ispanici vengono avviati alla produzione miliardaria del Prison Industry, altra gallina dalle uova d’oro del sistema. La stampa di regime ha una grande parte di colpa perché ha convalidato per anni il cliché del nero assatanato di crimine e colto solo l’aspetto nichilista dei movimenti afroamericani.
Eppure, nonostante tutto, il pensiero di Malcom X è ancora vivo e rappresenta un passaggio vitale nella storia americana, nel quale si rispecchiano i problemi relativi alle radici del razzismo e le vie verso il riscatto. 

Bianca Cerri

fonte: Sotto le bandiere del marxismo


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