13.5.13

Il “dolce stil novo” democristiano di Enrico Letta

 
Appena insediato, il capo del “governissimo” Enrico Letta, nipote di Gianni Letta, “vaticanista andreottiano”, incassa subito il sostegno del presidente di Confindustria Giorgio Squinzi in merito alla querelle IMU sì- IMU no che vede Berlusconi farne un cavallo di battaglia “a prescindere”.
Il presidente degli industriali, incontrando il premier Enrico Letta (il quale a sua volta aveva visto in precedenza Fabrizio Saccomanni, ministro dell’Economia), ha dichiarato che “il taglio delle tasse sul lavoro viene prima che su quelle della casa”. Secondo la Confindustria, bisogna ridurre del 9% la tassazione sul lavoro, facendo perno sulla “neutralizzazione del costo del lavoro dal calcolo degli imponibili Irap.”
La Triplice sindacale si allinea con PD e Confindustria; mentre tocca a Renato Brunetta (capogruppo del PdL alla Camera), ed al presidente di Confediliza Corrado Sforza Fogliani, alimentare le polemiche…Pensate un po’! Polemiche ovviamente nel campo delle priorità borghesi.
Brunetta sostiene che i due obbiettivi di detassare lavoro e casa “sono complementari”, anche perchè: “ per quanto riguarda il lavoro, la legge di stabilità per il 2013 ha già previsto un fondo di 1,2 miliardi per la detassazione dei salari di produttività e ha stanziato un miliardo all’anno per la riduzione dell’Irap. Se a ciò si aggiunge la riforma della legge Fornero e la detassazione delle nuove assunzioni di giovani, tutto è in linea con le richieste delle imprese.”
E -di rinforzo- aggiunge Fogliani: “ Non si strumentalizzi un’alternativa fra lavoro e immobiliare. Le imprese, come accertato in sede ministeriale, godono già di agevolazioni fiscali per una somma che supera il gettito annuale IMU.”
Come si vede, ecco delineato -“pronti via”-  un terreno di scontro tra frazioni borghesi DENTRO l’attuale maggioranza che tira e molla, molla e tira, arriverà in modo “doroteo” ( il grande “Zentrum Democristiano” di andreottiana memoria) a scaricare ancora una volta i costi reali della classe dominante sui proletari.
Come? Semplicemente ritorcendo le diatribe sul “chi paga?” dentro la “flessibilità” del lavoro. Anche se ormai é assodato, ultra-assodato, che da quel versante non uscirà NESSUNA “stabilizzazione” reale per milioni di giovani disoccupati, NESSUNA “garanzia di “buona” occupazione, NESSUNA “tutela” in più nei confronti della voracità infinita del profitto.
La riforma Fornero, passata col consenso Bipartisan in parlamento appena un anno fa, era stata presentata per dare “tutele” ed “opportunità” ai giovani, ricordate? Era stata fatta -tra lacrime ipocrite e manganellate nelle piazze- per “rompere i tabù ideologici” (alias Articolo 18) e “favorire la crescita”, ricordate? Era stata fatta penalizzando “un po’ i padri” affinché essi cedessero qualche briciola dei loro “privilegi” a tutto vantaggio dei “figli”, ricordate? Si era fatta marmellata dei pensionandi e degli “esodati” per “creare lavoro”, ricordate? Una vera e propria operazione di “didattica sociale” condotta da Mario Monti e dai suoi “tecnici”, sotto le ali di Napolitano I…E quelli che oggi lanciano “grida di dolore” per una disoccupazione che si avvicina ai livelli spagnoli, che sono costretti a rimandare sempre più in là un’agognata “ripresa” (che non verrà), che invocano “LAVORO” come ultima spiaggia della “coesistenza sociale”, e che fanno vertici di polizia per “scongiurare” il pericolo “dell’insorgenza”…ieri erano lì a votare la Fornero e a dire che, in fondo, guai a non sostenere quella “riforma”.
Bene, questa gente oggi dov’é? Semplice. E’ sempre lì, a sostenere “il dolce stil novo democristiano” di Enrico Letta. Che suona così: quando non sai proprio uscire dai dilemmi dei “sette vizi capitali”, prenditela col Diavolo che non sbagli mai! Chi é il Diavolo? E’ il “costo del lavoro” perdinci! E come lo si affronta? Con la preghiera ed il digiuno (degli altri). Tradotto: rimettendo mano alla riforma Fornero per renderla più idonea sulle assunzioni “IN ENTRATA”…
Uno dei principali “difetti” imputati alla legge Fornero é la modifica delle pause che devono intercorrere tra un contratto a termine e l’altro. Gli intervalli vennero dilatati da 10 giorni a 60 giorni per i contratti di durata fino a sei mesi; e da 20 giorni a 90 per quelli superiori a sei mesi. Invece di “facilitare” le assunzioni” questa dilatazione ha solo moltiplicato “l’usa e getta” da parte delle imprese. Letta vorrebbe “riabbreviare” le pause, ma -ATTENZIONE- dentro una revisione del cosiddetto “CAUSALONE”, ovvero dell’apposizione della motivazione per l’accensione del contratto.
La Fornero l’aveva eliminato per il PRIMO contratto (liberalizzando di fatto i contratti a tempo determinato).
Ora Letta vorrebbe eliminare le causali (cioé la specificazione da parte dell’azienda dell’assunzione a termine “a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo”- DLG 368/2001) “semplicemente” ABOLENDOLE ANCHE PER I CONTRATTI SUCCESSIVI !
Siamo all’Ultra-Liberalizzazione delle assunzioni “in entrata”, fatta sempre per agevolare le aziende e far sì che esse “offrano” lavoro ai giovani…
E siccome siamo a parlarne, Letta intende pure eliminare l’aggravio di costo (l’1,4% in più di contributi, indirizzati al finanziamento dell’ASPI) messo dalla Fornero a carico delle imprese che stipulano contratti a termine! Era il paravento della Fornero: via l’ Articolo 18, ma tu impresa paghi di più il precariato! (Era prevista la possibilità  del rimborso fiscale fino a 6 mesi nel caso di stabilizzazione del precario).
Pensate un po’: siamo al punto che il premier PD, attacca da “destra” una legge vergognosamente e spudoratamente antioperaia come quella della Fornero !!!
E questi non è il “rampante” Matteo Renzi, che strizza l’occhiolino al PdL, ma colui che fino a neppure un mese fa era “vice” di Bersani…quindi in tutto e per tutto compartecipe della direzione del partito.
Quando allora diciamo che non ci troviamo ormai più di fronte un problema “opportunista” nel movimento operaio, riconducibile in qualche  modo al “riformismo socialdemocratico” od allo stalinismo del XX° Secolo, ci riferiamo esattamente a vicende di questo tipo; dove, non si tratta più di affrontare un nemico “con una larga e radicata influenza operaia”, ma partiti borghesi  IN TOTO.  Da battere “strappando” sempre le masse all’influenza borghese -su questo il compito generale tale era e tale rimane- ma dentro un quadro profondamente cambiato sia nelle condizioni materiali delle masse stesse, sia nelle forme ideologiche predominanti, e negli approcci necessari per intercettarle e sconfiggerle.
Ma tornando alle intenzioni sul “lavoro” del governo Letta, l’ipocrisia non ha fine.
Egli intenderebbe infatti “mascherare” la “ACAUSALITA’” dei contratti a termine fissando una percentuale massima, o “percentuale tetto” di essi sul totale degli occupati.
Quando tutti sanno che i Contratti Collettivi GIA’ PREVEDONO proprio tali percentuali, le quali non hanno mai garantito un bel nulla o quasi…Anzi, hanno sprofondato nel più bieco aziendalismo la stragrande maggioranza del movimento operaio: sviluppando da un lato concorrenza ed individualismo nella classe, dall’altro una burocrazia piramidale, collusa e corrotta sul versante dei sindacati “storici”…
“Il Manifesto” del 7 maggio richiama giustamente la Spagna:
“Queste politiche generano un effetto “sostitutivo” in peggio nelle condizioni di lavoro, ma NON “AGGIUNTIVO” in termini occupazionali. In Spagna, ad esempio, la percentuale dei contratti a termine sul totale degli occupati è doppia rispetto al resto dell’Europa (circa il 26%), ma doppia o tripla, aggirandosi ormai sul 30%, è anche la disoccupazione totale…”
Peccato che lo stesso quotidiano, cantore della “sinistra-altra” di stampo nazional-riformista, arrivi subito dopo a sostenere la liceità del “buon uso” capitalistico degli stessi contratti a termine !!!
Il che è perfettamente coerente con questi spezzoni “tardo-riformisti” che prima si toglieranno tra i piedi e meglio sarà per il proletariato tutto.
Se pure un magnate finanziario come Mario Draghi, presidente della BCE, arriva a fare il suo bravo discorso “socialista” secondo cui:  “In Europa, da quasi vent’anni, è in atto una tendenza alla concentrazione dei redditi delle famiglie che penalizza i più deboli” ( “lectio magistralis” all’Università Luiss Guido Carli di Milano -6/05/’13) , non abbiamo certo bisogno dei pannicelli caldi di nessun riformista di sacrestia.
Noi chiediamo a tutti di cosa stanno parlando, se la stessa ISTAT “smentisce” le previsioni di governo ed U.E., dal momento che il PIL sarà di segno negativo per tutto il 2013 (-1,4%). E se anche nel 2014 si avesse una “ripresa” dello 0,7%, l’occupazione (quella ufficiale) COMUNQUE passerà dal 11,9% di quest’anno al 12,3% dell’anno prossimo!
Tra l’altro, queste misure “per l’occupazione” di Enrico Letta, ben si sposano con il novello “ricompattamento” confederale (in sintonia col governissimo) sul divieto di sciopero e sul verticismo assoluto dei sindacati di Stato rispetto alla contrattazione ed alla legislazione del lavoro.
Non è un caso che i compagni ed i lavoratori delle Logistiche in lotta per un “semplice” rinnovo contrattuale, o per la difesa di quello già esistente, debbano scontrarsi quotidianamente ai cancelli dei mega-magazzini del Nord Italia non solo con la polizia e le istituzioni, ma anche con l’aperto crumiraggio, per non dire peggio, di CGIL-CISL-UIL.
Non è un caso che a Napoli, città massacrata da una miscela esplosiva di disoccupazione, corruzione e devastazione ambientale e territoriale, i compagni che scendono sul terreno della lotta di classe conseguente debbano fronteggiare la collusione e la ciurmaglia residua dei Confederali: vuoti di rappresentanza operaia, quanto “pieni” dell’ appoggio degli organi statali di repressione (come sempre coadiuvati dai fascisti).
Un Mix micidiale di violenza antiproletaria, che chiama a raccolta i suoi mercenari per non essere a sua volta spazzato via dalle rivolte degli sfruttati che la crisi monta ogni giorno che passa.
Ad esso, dobbiamo opporre lucidità, duttilità e fermezza politica. Coniugare piattaforme di lotta su obbiettivi generalizzati e unificanti (garanzia di salario, riduzione dell’orario a parità di salario, gratuità dei servizi essenziali per i proletari, lotta contro il degrado ambientale) ad un lavoro di conquista al comunismo di proletari e di giovani.
Dobbiamo sviluppare, organizzazione rivoluzionaria per gli appuntamenti decisivi di una lotta che finirà solo con l’abbattimento del capitalismo.

G.G.

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