La nascita della scuola pubblica deve
essere contesualizzata in un periodo economico ben preciso: tra il 1870
ed il 1914 all’indomani di quella che dagli storici viene chiama seconda
rivoluzione industriale ed ha come sue caratteristiche proprie,rispetto
alla prima l’utilizzo di nuove invenzioni tecniche operate non più
dagli stessi imprenditori o da dilettanti ma da intellettuali
professionisti dai primi laureati in chimica, fisica, matematica. Tali
invenzioni peraltro vengono utilizzate in settori rimasti esclusi dal
boom della prima rivoluzione industriale, settori come le acciaierie, le
piattaforme per estrarre materiali chimici ed energia elettrica etc….
settori che diverranno trainanti con lo scoppio della prima guerra
mondiale. Ad esempio é solo con l’ invenzione del convertitore Besserman
(dall’omonimo inventore) o del forno Martin-Siemens, ossia nuovi
strumenti in grado di abbassare sensibilmente i costi della depurazione
della ghisa dal carbonio, che la produzione d’acciaio potrà espandere il
suo mercato, moltiplicare l’offerta. Vediamo come si crea quindi un
primo rapporto fra industria e scuole/università: da un lato i primi
ingegneri trovano chiaramente come prima fonte di guadagno la cessione
delle invenzioni alle industrie dall’altro la stessa industria sente
l’esigenza per il suo espandersi di avere una nuova classe di operai
maggiormente formati, appunto per utilizzare i nuovi macchinari,e
maggiormente disciplinati per rendere l’azienda più efficente. Da qui
l’esigenza di alfabetizzare le masse. Brecht nei frammenti de “la Contraddizione”
diceva :”L’introduzione della moderna scuola dell’obbligo non ebbe
luogo perché i ceti dominati dell’epoca, mossi da motivazioni ideali,
volessero rendere un servizio alla ragione, ma perché la capacità
intellettuale dei più vasti strati della popolazione doveva essere
elevata per servire l’industria moderna. Se la capacità intellettuale
degli occupati venisse eccessivamente compressa, l’industria stessa non
potrebbe venire salvaguardata. Perciò quella capacità intellettuale non
può essere compressa più di tanto, per quanti per altri versi ciò possa
apparire desiderabile ai ceti dominanti. Con gli analfabeti non si può
fare la guerra. Siccome la quantità della ragione necessaria non dipende
da una decisione dei ceti dominanti, non è parimenti possibile
trasformare questa quantità di ragione — necessaria e quindi comunque
garantita — nella qualità che sarebbe gradita ai ceti dominanti”. Non a
caso dunque la scuola obbligatoria si è per prima formata nei paesi con
alto tasso d’urbanizzazione ed industrializzazione come Gran Bretagna,
Francia e Germania. Non a caso le resistenze in Italia alla legge Casati
del 1859 (con la quale appunto veniva introdotta la scuola
obbligatoria) vennero vinte con due principali motivazioni: la prima è
che la condotta delle classi più povere, spesso soggette a forti
sradicamenti territoriali a causa dell’emigrazione, è controproduttiva a
qualunque impiego e per rabbonirli è necessario dargli un luogo come la
scuola dove identificarsi. La seconda è che individui più istruiti
possono essere anche lavoratori più efficenti. Inoltre l’immobilità
sociale viene comunque tutelata: le classi più abbienti possono comunque
o mandare i loro figli alle scuole private dalle quali esce la classe
dirigente o farli accedere ai “curricula” classica altamente qualificati
e selettivi; infatti la maggior parte dei figli delle classe operaia
accedevano ai curricula professionali dai quali tutt’al più si formava
l’aristocrazia operaia o i cosiddetti colletti bianchi. Per quanto
concerne l’università anche questa è stata concepita totalmente in
relazione alle nuove esigenze industriali, rispondendo dunque alle
esigenze del mercato del lavoro: oltre infatti ad operai qualificati ed a
impiegati servono anche ingegneri, chimici ma anche avvocati e notai e
giuristi che rendano più dinamico il sistema giurisprudenziale per
renderlo armonioso con le nuove transazioni commerciali sempre più
complesse. Vediamo come con il passare del tempo la scuola pubblica ha
svolto nel migliore dei modi il compito per il quale è stata istituita:
dal ruolo chiave che ha avuto nella nazionalizzazione delle masse
all’indomani dell’ unità d’Italia, alla lode al re, al fascismo ed oggi
come principale mezzo per sfornare menti da impiegare nel sistema del
capitale ( quale scuola pubblica od università non ha organizzato
meeting con associazioni di giovani industriali, le più “fortunate” con
delegati stessi di confindustria ?).
E’ per questo che la nostra lotta non si può fermare alla richiesta di una scuola pubblica migliore
perchè nel contesto in cui tale richiesta si è creata e per che cosa è
stata creata, non può esistere una scuola pubblica interclassista o
realmente paritaria finchè esisteranno ancora le classi finchè dunque
non si sarà abbattuto il modo di produzione attuale: il capitalismo. Di
conseguenza la prima illusione da smentire è anche questa: che un nuovo
governo possa salvarci la vita come se solo la riforma Gelmini fosse
stata la colpa di tutti i mali. é dunque opportuno fare in questa sede
un’analisi delle riforme della scuola che si sono susseguite negli
ultimi 10 anni..
La prima è la Riforma
Berlinguer-Bassanini che appunto si è basata su tre testi di legge: il
primo la riorganizzazione delle scuole, il secondo sul ddl
sull’autonomia e il terzo sull’accordo sul lavoro del 24 settembre 1996
dove troviamo schierati Confindustria,Cgl,Cisl,Uil. Trattando i
principali punti in primo luogo è una riforma che di pari passo con la
Finanziaria prevedeva di tagliare alla scuola 4800 miliardi di lire in
tre anni .Si istituiva inoltre il 5 anno di materna obbligatorio senza
peraltro specificare come questo sarebbe stato finanziato…
(probabilmente ci si affidava alle materne private) e non trattando per
nulla il problema degli asili nido ai quali in Italia si ha accesso solo
su domanda individuale e non come servizio gratuito (la maggior parte
dei nidi sono privati). Ma la prima apertura al campo dei privati non si
ha solo nella scuola per l’infanzia, questa avviene in maniera incisiva
e più subdola anche nelle scuole secondarie per la formazione
professionale ove con la scusa di ridurre gli indirizzi da 11 a 5 si
istituiscono curricula personalizzati dove hanno ampio spazio d’azione i
CFP (corsi di formazione professionale) e le non specificate, nel
lessico vago della riforma, “agenzie di formazione” . Si ha dunque di
forza l’entrata della fabbrica nella scuola, con tutto il suo carico di
sfruttamento reso più pesante dai contratti d’apprendistato che poco
assicurano e poco garantiscono. Chiaramente per siglare accordi con le
varie agenzie la scuola si deve presentare come un organo autonomo; a
questo punto si inserisce l’”utilità” del ddl sull’autonomia, che
attribuisce ad ogni scuola ampia libertà d’azione sia per quello che
riguarda la gestione degli appalti per l’edilizia interna, sia per poter
contrattare con i vari organismi sul territorio e che incide anche
sulla struttura stessa della scuola che si costituisce come azienda con a
capo “un manager” (il preside d’istituto) il cui compito è quello di
ottimizzare il profitto degli studenti ed un comitato a lui sottoposto
d’insegnanti. Leggendo il testo della riforma Moratti, ritoviamo alcune
delle parole chiave più significative della precedente riforma che
vengono ricalcate dal nuovo ministro con soluzioni maggiormente
drastiche: rimane l’autonomia delle istituzioni scolastiche e si fanno
più netti i confini dell’”accordo sul lavoro” si parla ora di vere e
proprie convenzioni con le camere di commercio,le piccole industrie
d’artigianato, di stabilire accordi con i sindacati dei datori di lavoro
per decidere in concerto i termini dei contratti d’apprendistato, si
stabilisce che il governo deve finanziare il percorso di
alternativa-lavoro e sovvenzionare le imprese private, con cui le scuole
fanno accordi, appunto perchè luoghi di formazione dello studente. I
crediti non vengono più assegnati dagli insegnanti ma sarà lo stesso
profitto dell’allievo sul luogo di lavoro a determinarli segnando una
maggiore dipendenza, oltre che rispettarli, dai vari contratti sotto
pena di bocciatura.
Combat
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fonte: http://www.combat-coc.org