29.5.12

Considerazioni sulle ultime elezioni amministrative

Ai terremoti geologici si sommano quelli elettorali della recente tornata del voto amministrativo. In molti sensi.

Una premessa. Per noi marxisti le elezioni, di ogni tipo e di ogni latitudine, non sono mai state la “summa” della “democrazia partecipata”, ma l’esercizio virtuale di essa. Tanto per limitarci a Lenin: decidere ogni tot anni quale membro ( o partito, o coalizione, o movimento ) della classe dominante continuerà ad opprimere la massa degli sfruttati in regime capitalista. Alla faccia del giullare Beppe Grillo che, ebbro dal successo del suo Movimento, dichiara che a Parma “vince la democrazia sul capitalismo” ( sic…).  Detto questo, però, non dobbiamo rinchiuderci nella logica che dal momento che “sono tutti uguali”, chi se ne frega di analizzare le elezioni. Questo menefreghismo sarebbe un grave errore, perché toglierebbe ai comunisti la possibilità di seguire gli spostamenti, che le elezioni registrano, dei rapporti politici tra le frazioni borghesi e la loro corrispondenza nella dinamica politica e sociale. Dunque ci priveremmo della possibilità e di conoscere l’avversario in tutte le sue sfaccettature e di poter utilizzare tutte le contraddizioni nate al suo interno. E le recenti elezioni amministrative presentano aspetti interessanti che emergono dal sottosuolo del magma politico italiano, sottoposto a scosse telluriche di non poco conto.
Partiamo dall’astensionismo. Esso tocca ormai quasi la metà dell’elettorato. E’ stato “contenuto” al 40% solo in quel di Parma, sede dell’affermazione de l’”astro nascente” del “grillismo”. Per il resto esso ha dilagato, con punte del -11’3% nelle zone cosiddette “rosse” ( rispetto alle precedenti elezioni regionali del 2010 ). Anche al Nord il calo è de l’8,1%, quota non distante del -7,7% del sud Italia.
Di per sé il fenomeno del non voto non dà alcuna garanzia di automatica radicalizzazione sociale, né tanto meno di “disponibilità politica” meccanica delle masse verso soluzioni rivoluzionarie…Nessuna illusione su questo. Il fenomeno, tra l’altro, potrebbe essere parzialmente recuperato al voto dal montare di nuovi schieramenti populisti a base di massa piccolo borghese, com’è appunto il “Movimento 5 stelle”. Le elezioni servono anche a questo alla borghesia: a fare un’indagine di mercato per permettergli di ridimensionare i ferrivecchi, e “rigenerare” involucri politici più idonei a sostenere la “domanda politica”. Strumenti che siano insomma più consoni ai movimenti della struttura economica, sopratutto di fronte a crisi come quella che stiamo vivendo.

Un dato comunque va rilevato, ed esso deve farci drizzare le antenne: l’astensionismo, che nei centri più grossi supera il 60%, non solo è un dato ormai strutturale e consolidato del sistema politico ( pur dentro oscillazioni prevedibili ), ma è anche un sentore del distacco incolmabile tra ampi settori del proletariato e le istituzioni dello Stato. Esso segnala che è ormai irreversibile lo scollamento tra il proletariato e la “democrazia”, che le illusioni sullo “sviluppo democratico verso il benessere collettivo” sono state spazzate via nel profondo del sentire delle masse. E’ un fattore politico-psicologico molto importante, che però, ancora una volta, non è univoco…Può tradursi in disponibilità ed ascolto verso i temi sollevati dalle minoranze rivoluzionarie, come può rinculare in sordidi rancori individualisti o, peggio ancora, reazionari di massa. Aperti ad ogni avventura.
Tocca allora ai rivoluzionari, senza indugi, con costanza e determinazione, con chiarezza ed unità d’intenti, convertire in coscienza di classe questo scollamento, andando a cercare in questo enorme bacino ( anche se non solo in quello ) gli elementi disponibili a tradurre la loro rabbia, il loro schifo, in organizzazione comunista indipendente. Come? Col lavoro di massa. Non trascurando né tralasciando nulla che possa servire ad organizzare lotte di contrasto verso gli attuali rapporti sociali e le loro manifestazioni politiche, vecchie o nuove che siano. Ogni compagno strappato alla rivoluzione da lotte di tal genere, al di là degli esiti contingenti delle lotte stesse, sarà una conquista per la causa comune.

Chi ha “vinto” e chi ha “perso”. Facendo i raffronti sui voti in cifra assoluta raccolti dalle varie formazioni, e non col solito “trucchetto” delle percentuali ( che dicono poco ), possiamo dire che hanno perso tutti. Tutti i partiti arretrano vistosamente come numero di voti ( ad eccezione di Grillo, che però “incassa” a Parma il voto bipartisan, in primis quello del centro-destra…). Ma anche stando ai dati percentuali ( sempre in relazione alle elezioni amministrative del 2010 ), abbiamo: il PD passa dal 27,8% al 19,2% ( -8,6% ); il PdL dal 28,8% al 12,8% (-16%); la Lega Nord dal 16,5% al 5% (-11,5%); l’IDV dal 7,8% al 3,2% (-4,6%). Solo formazioni minori come la SEL e l’UDC aumentano rispettivamente dello 0,7% e de l’1%. Il balzo in avanti è del solo “Movimento 5 stelle”, che passa dal 4,8% del 2010 al 10,1%.  Come si vede la “vittoria senza se e senza ma” di Bersani è solo una misera e mass mediatica foglia di fico per nascondere un tracollo di tutti i partiti dell’arco parlamentare, chi più chi meno. Certo, cambiando le dinamiche della batosta, cambiano i riposizionamenti, ed allora il PD, che strappa al centro destra 38 comuni con più di 15.000 abitanti, può “cantare vittoria”, anche grazie al suo ricompattamento sulle cosiddette “liste civiche”, ma:

il partito di Bersani perde clamorosamente a Parma; a Genova deve “inseguire” un candidato di Vendola, a Palermo lascia il passo al redivivo Orlando…per non parlare dei precedenti milanesi e napoletani; nella maggior parte delle città il PD si ritrova a sostenere l’elezione a sindaco di candidati non democratici, dopo aver perso le primarie; cede anch’esso quote del suo elettorato all’astensionismo. Sembra come quel tizio che si becca una scarica di legnate, ma si consola per il fatto che gli altri ne hanno prese di più…

Certo, si è rotto l’asse Berlusconi-Bossi, che ha tenuto per quasi un ventennio la barra dei settori trainanti del blocco nordista; accovacciato nella palude della micro impresa e delle “libere professioni”, ora minacciate dall’europeismo finanziario del governo “tecnico”. Il suo punto di forza era anche nel foraggiamento di una “sponda” sudista fatta di spesa pubblica legata al malaffare ed alla corruzione. Quell’asse dovette subire solo transitorie e “tormentate” parentesi prodiane per accelerare verso la moneta unica e l’Europa Unita, coi relativi corollari di “lacrime e sangue” da imporre ai salariati.
Lo scandalismo è notoriamente arma di lotta politica e di velocizzazione dei mutamenti politici. Lo si vide in occasione del passaggio dalla “prima” alla “seconda repubblica”. Oggi molti commentatori segnalano il “vuoto” di una discesa in campo nel centro-destra, tale da ricompattare un blocco che rischia la sotto rappresentanza o addirittura la non rappresentanza politica. Un blocco che il centro sinistra fatica ad intercettare, e che potrebbe spappolarsi nei mille rivoli di un localismo non solamente “anti politico”, ma addirittura “anti istituzionale”…
Fascismo? No. Piuttosto “tecnicismo democratico”, che però deve passare attraverso una revisione radicale e della carta costituzionale e della farraginosità del sistema pubblico dei partiti. Nonché di tagli “strutturali” alla pubblica amministrazione.
Il “Grillismo”. E’ in questo contesto che allora possiamo allargare lo sguardo sul “Movimento delle 5 stelle”, che trionfa a Parma e che si pone addirittura nella prospettiva di passare da “Stalingrado a Berlino”. Cioè della conquista degli scranni di Montecitorio per “ribaltare” il carrozzone dei “corrotti”. Già solo questo proponimento la dice lunga sulla vera natura dei seguaci del comico genovese. I quali in verità sono molto meno comici del loro leader…
Beppe Grillo parla di “adunate pacifiche di popolo”, in un paese che ha inventato il fascismo…
Spara demagogicamente ad alzo zero contro tutti, seguendo le orme che da “L’Uomo Qualunque” di Guglielmo Giannini porta alla Lega di Umberto Bossi. Via i corrotti, via i politicanti, via la “casta”…Gestione onesta e condivisa del “bene pubblico”. La “buona amministrazione” contro “l’affarismo”. Un capitalismo “pulito”, eco sostenibile, vicino alla “gente”. Un capitalismo che è nel libro dei sogni della piccola borghesia. Una piccola borghesia minacciata dai “mercati mondiali” e che ora, nella crisi, si ricompatta regionalmente ( il sindaco di Roma Alemanno valuta ad oggi un 10% di consensi a Grillo nella capitale ) e cerca di rimescolare le carte per non pagare dazio.
Ma non è solo questo. Non si tratta solo, e non è poco, di “uscire dall’euro con il minor danno possibile, e non pagare il debito pubblico o pagarne solo una parte…” ( Beppe Grillo ). Nota “Il Sole 24 Ore” del 22 maggio, preoccupato per i riflessi di simili posizioni verso gli “investitori istituzionali stranieri”, che sul sito ufficiale del partito non c’è traccia di default ed euroexit…
Al contrario, si rassicura l’organo di Confindustria, sulle pagine di www.beppegrillo.it c’è un traguardo politico che suona molto diversamente. “ Riduzione del debito pubblico con forti interventi sui costi dello Stato con il taglio degli sprechi e l’introduzione di nuove tecnologie.”
Eppoi altre cosette che, invece di essere “provocatorie”, sono sinonimo di voglia di “pulizia e trasparenza”: abolizione delle scatole cinesi in Borsa; dei monopoli di fatto e delle cariche multiple dei consiglieri nei CdA delle società quotate ( sopratutto pubbliche ); divieto di incroci azionari tra sistema bancario e industriale; tetto agli stipendi del management di società private e pubbliche…
Insomma “se po’ fà” direbbero a Roma. Non spaventiamoci e vediamo che cosa questo nuovo astro elettorale potrebbe smuovere contro “l’ingessatura” del sistema-Italia. Così ragionano in Confindustria.
Rimane il problema per la borghesia di forgiare una forma di rappresentanza politica idonea ad affrontare la tempesta della crisi, con tutte le sue ricadute sociali e politiche.
Rimane il problema per i proletari di non correre dietro a nessuna sirena elettorale, vecchia o nuova, della borghesia e di sviluppare, dentro le lotte, una vera unificazione delle forze comuniste. Contro la borghesia, i suoi parlamenti, il suo Stato.
  
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