Sabato mattina i cancelli della Fiat di
Pomigliano sono stati il teatro dell’ennesima occasione mancata per
fermare sul serio la produzione.
La scelta operata da Marchionne e
compagnia di utilizzare il sabato lavorativo per far fronte ai picchi di
domanda, facendo lavorare di più chi è già dentro, rappresenta un
sonoro schiaffo nei confronti di quei sindacati asserviti
(Cgil-Cisl-Uil) che da anni stanno illudendo i cassintegrati su un
possibile rientro “indolore” in fabbrica.
Di fronte a una tale provocazione ci
saremmo aspettati che almeno la Fiom, dopo aver dichiarato ai quattro
venti la propria opposizione al sabato lavorativo, si muovesse di
conseguenza e facesse seguire i fatti alle parole.
A dire il vero, già la prima iniziativa
“unitaria” nella mattina di sabato 15 giugno in occasione del primo
sabato lavorativo lasciava ben poco da sperare, con la scelta di
concentrare gran parte del presidio all’ingresso 2 quando era nota a
tutti l’indicazione dell’azienda di far entrare gli operai dall’ingresso
1 solitamente riservato al transito merci: il risultato fu di lasciare
isolati quei gruppi di operai più combattivi che si erano dati
appuntamento agli altri varchi per rallentare gli ingressi e far male
sul serio alla Fiat, e di abbandonare di fatto nelle mani della brutale
repressione poliziesca i compagni del Comitato di Lotta Cassintegrati e
licenziati Fiat e terziarizzate che in quasi completa solitudine
presidiavano l’ingresso 1 e sono stati caricati, picchiati e insultati
dai tutori dell’ordine al servizio del padrone.
Alcuni compagni della Fiom, più
combattivi e meno legati al burocraticismo manovriero e opportunista di
Landini, ci spiegarono che tali problemi erano da ricondurre a
difficoltà organizzative e ai numeri non sufficienti per bloccare tutti
gli ingressi, ma si dicevano certi che il sabato successivo le cose
sarebbero andate diversamente…
In effetti, quando all’alba di sabato
scorso ci siamo presentati ai cancelli, l’aria che tirava sembrava
decisamente diversa dal triste scenario della settimana precedente:
nonostante la “notte bianca” fosse iniziata dalle 21.00 (scelta a nostro
avviso inopportuna visto che il grosso degli operai sarebbero entrati
nel turno mattutino ed era quindi inutile presidiare per 8 ore dei
cancelli vuoti), alle 5.00 tutti i varchi, dall’ingresso principale fino
all’Elasis, erano presidiati da centinaia di operai e militanti della
Fiom venuti da tutta Italia, e una colonna interminabile di auto con a
bordo gli operai comandati per il sabato lavorativo giaceva
imbottigliata su tutte le principali arterie di Pomigliano.
Dunque, il dato che è subito apparso
evidente è che la Fiom, se vuole, ha una struttura e un organizzazione
più che sufficiente per far male a Marchionne.
Fino alle 6.00 tutto sembrava filare liscio e sembrava profilarsi per la Fiat una sonora sconfitta.
Ma evidentemente la sceneggiatura scritta da Landini non prevedeva questo finale!
Ma evidentemente la sceneggiatura scritta da Landini non prevedeva questo finale!
Infatti, proprio quando mancava
poco per portare a casa il risultato e molti tra gli operai comandati
già pensavano di tornarsene a casa, il sommo leader della Fiom convoca i
fedelissimi e ordina il dietrofront, in ciò coadiuvato dalla preziosa
collaborazione di una delegazione di parlamentari e dirigenti nazionali
di SEL, presenze immancabili ogni qualvolta si tratta di “convincere”
gli operai a battere in ritirata e rinunciare alla lotta.
L’ordine tassativo di abbandonare i
picchetti alle 6.15 come da accordi presi tra Landini e la polizia
(ovvero i vertici Fiat…) è divenuta operativa non senza qualche
difficoltà: al cancello 1, dove era concentrato anche il Comitato
cassintegrati e licenziati, il LP Iskra, operai Fiom, compagni dei
movimenti napoletani e una delegazione dell’Irisbus di Valle Ufita, si è
resa necessaria addirittura una miniassemblea in strada, nel corso
della quale Landini e i capetti di SEL sono stati costretti ad
intervenire in prima persona per imporre il rompete le righe ad alcuni
operai e delegati Fiom che analogamente al Comitato cassintegrati non
erano d’accordo a lasciare il presidio.
Come accade spesso, nonostante le
perplessità sulla condotta di Landini e soci, la stragrande maggioranza
dei militanti Fiom si è piegata ai diktat del capo e verso le 6.20 è
andato in scena un inspiegabile fuggi fuggi generale (tra l’altro la
polizia non era ancora neanche in assetto antisommossa ma le burocrazie,
per convincere i lavoratori ad andarsene, avevano sparso la voce che
erano già pronti a caricare): sul campo, come oramai di consueto da
alcune settimane a questa parte, sono rimasti solo il Comitato di lotta
cassintegrati e licenziati e (nota senz’altro positiva) una decina di
militanti e un dirigente locale della Fiom.
Cinto d’assedio e circondato da tutti i lati da un’ingente e sproporzionato dispiegamento di forze di polizia, lo spezzone combattivo del Comitato di lotta non ha potuto far altro che retrocedere in maniera ordinata e compatta fino all’imbocco autostradale, per poi restare in presidio alcuni minuti e quindi sciogliersi, riuscendo comunque a rallentare gli ingressi per altri venti minuti.
Cinto d’assedio e circondato da tutti i lati da un’ingente e sproporzionato dispiegamento di forze di polizia, lo spezzone combattivo del Comitato di lotta non ha potuto far altro che retrocedere in maniera ordinata e compatta fino all’imbocco autostradale, per poi restare in presidio alcuni minuti e quindi sciogliersi, riuscendo comunque a rallentare gli ingressi per altri venti minuti.
La condotta dei dirigenti Fiom e
della loro cinghia di trasmissione politica rappresentata da SEL, che
ai più potrebbe apparire inspiegabile, per noi non ha alcun mistero:
Landini e compagnia, messi alle corde senza troppi complimenti da
Marchionne, sperano ancora di riconquistare quella concertazione che il
padrone, dopo essersene usato a piacimento nello scorso decennio, da
anni gli nega perchè non è più funzionale ai suoi profitti.
Per questo da mesi il vertice
Fiom si è attestato unicamente su un livello di difesa
legale-processuale dei propri iscritti; per questo ha dato il proprio
assenso entusiastico allo scandaloso accordo sulla rappresentanza che
prevede l’esigibilità degli accordi e restringe l’eleggibilità in
fabbrica solo alle organizzazioni sindacali firmatarie; e per questo,
anche avendo a disposizione forze e strutture militanti, si rifiuta di
lottare ai cancelli per bloccare la produzione!
L’obiettivo di Landini è
unicamente quello di convincere la Fiat a riammetterlo ai tavoli di
trattativa e cooptarlo nella co-gestione del Piano Marchionne per
strappare qualche briciola più simbolica che reale.
Tra tutte queste trame e manovre di vertice, il destino delle migliaia di cassintegrati non ha alcuno spazio ne alcuna voce.
Per noi e per tutti coloro che
non sono scappati dall’ingresso 1 quel tavolo non va allargato, bensì
rovesciato: dunque la divergenza non attiene solo le forme di lotta, ma
gli obiettivi della lotta stessa, di cui le forme non sono altro che il
riflesso.
Per il rientro in fabbrica di tutti i cassintegrati a salario pieno
Per la riduzione dell’orario di lavoro: lavorare meno, lavorare tutti.
Per la riduzione dell’orario di lavoro: lavorare meno, lavorare tutti.
Laboratorio politico Iskra
Comunisti per l’organizzazione di Classe- Napoli
fonte: Combat-coc.org
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