Sotto forma di regalo di Natale, un regalo certamente gradito per gli sfruttatori, ma una beffa per gli sfruttati.
Il primo provvedimento è uno schema per
un decreto legislativo che non solo cancelli definitivamente il
reintegro in caso di licenziamento ingiusto salvo che per licenziamento
apertamente discriminatorio (notoriamente chi discrimina lo dichiara
apertamente!), ma mette dei tetti molto bassi per i risarcimenti sia nei
rari casi di reintegro (un massimo di 12 mensilità che diventano 6 per
le aziende sotto i 16 dipendenti, a fronte di cause che possono durare
anni) sia negli altri casi di licenziamento ingiusto (2 mensilità senza
contributi per anno di lavoro, ma non oltre 24 mensilità) che nei casi
di conciliazione (una mensilità non tassabile per anno di servizio, ma
non oltre 18 mensilità).
Una netta regressione rispetto alle
norme in atto, che per ora sarà applicata solo ai nuovi assunti e solo
al settore privato: la tecnica del divide et impera resta la preferita,
per i dipendenti dello stato e per quelli già a tempo indeterminato
l’appuntamento è rimandato. Solo rimandato.
Il secondo è un decreto che modifica il
sistema degli assegni di disoccupazione, col varo della Nuova
prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego (NASpI) in
sostituzione della “vecchia” ASpI varata con la legge Fornero.
La tanto sbandierata riforma degli
ammortizzatori sociali che avrebbe dovuto garantire un’entrata a tutti i
disoccupati è invece riservata solo a chi ha versato un minimo di
contributi (quindi ne è escluso chi entra nel mondo del lavoro e chi è
disoccupato da molto tempo), è pari al 75% dell’ultimo stipendio
ricevuto se esso non supera i 1195 euro (per i primi 4 mesi, poi
decresce del 3% al mese) e non può durare oltre 78 settimane. Tutto
questo, ricordiamo, dopo che col varo dell’ASpI era stata già cancellata
l’indennità di mobilità.
Da maggio entra in vigore in via
sperimentale l’ASsegno di DIsoccupazione (ASDI), riservato a chi ha
esaurito il periodo di fruizione della NASpI, con priorità per i
lavoratori vicini alla pensione o con figli minorenni, ma comunque per
un massimo di sei mesi e in ogni caso SE CI SONO LE COPERTURE! Ad oggi
per il 2015 sono stanziati solo 300 milioni.
L’importo previsto è pari al 75%
dell’ultima erogazione NASpI, quindi per uno stipendio iniziale di 1000
euro, dopo 78 settimane, si arriverebbe un’ultima NASpI di circa 490
euro, e chi nel frattempo non è morto di fame, potrebbe essere tanto
“fortunato” da recepire un assegno mensile di 367 euro, sempre se ci
saranno i soldi a bilancio.
Per i disoccupati ex Co.Co.Co. e
Co.Co.Pro. permane un regime separato, altro che fine delle
discriminazioni. Chi ha almeno tre mesi di contribuzione dall’anno
solare precedente alla disoccupazione e un mese nell’anno in corso, può
usufruire dell’indennità DIS-COLL, pari al 75% dell’ultima retribuzione
se questa non è superiore a 1195 euro (dopo 4 mesi decresce del 3%
mensile) e per non oltre la metà del periodo di contribuzione degli
ultimi 4 anni, comunque per un massimo di sei mesi (contro i 18 della
NASpI). Cessata la fruizione della DIS-COLL, non è previsto accesso
all’ASDI.
Il premier Matteo Renzi va fiero di
quest’opera, e al danno aggiunge la beffa: una delle sue solite frasi ad
effetto è “Nessuno avrà più alibi per non investire in Italia”, una
smargiassata che suona grottesca dopo una legge fatta su misura per i
capitalisti. Per la cronaca, la maggiore precarietà non fa aumentare i
clienti e non garantisce un maggiore accesso al credito. Le assunzioni
si fanno se le aziende hanno bisogno di manodopera, non se questa è più
economica o flessibile; è una cosa che sanno bene i lavoratori precari:
per mesi o per anni si sentono ripetere che non ci sono le condizioni
per stabilizzarli, ma quando trovano un altro posto di lavoro
magicamente le condizioni si creano.
Questi provvedimenti legislativi sono il
frutto di una debolezza della classe lavoratrice, debolezza causata
innanzitutto da anni di pace sociale promossa dai sindacati concertativi
e ora aumentata dalla crisi economica in atto che rende i lavoratori
ulteriormente ricattabili; debolezza che consente ai politici borghesi
di fare l’affondo per smantellare le conquiste ottenute con le lotte
passate colpendo settori della classe sempre più ampi, per estendere ed
aumentare il più possibile la precarietà e lo sfruttamento.
Per spezzare questo circolo vizioso è
inutile inseguire ipotesi di nuovi partiti “più di sinistra”; serve una
lotta che contrasti la tecnica del “divide et impera” e unifichi gli
sfruttati.
fonte: Combat-coc.org
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